Dell’Utri, il procuratore generale di Palermo chiede una condanna di 7 anni: Mise in contatto Cosa nostra con Berlusconi
La conferma della pena a sette anni di carcere per il senatore Marcello Dell’Utri è stata chiesta al termine della requisitoria dal pg di Palermo Luigi Patronaggio. “Marcello Dell’Utri ha messo in contatto Silvio Berlusconi con Cosa nostra, ha dato un contributo consapevole all’associazione e ha dato un concreto e specifico contributo a Cosa nostra. Ha costretto un imprenditore come Berlusconi a pagare somme ingenti a Cosa nostra, la condotta dell’imputato integra il concorso pur non essenso inserito stabilmente in Cosa nostra”, ha detto il pg di Palermo Luigi Patronaggio concludendo la sua requisitoria.
Dell’Utri, commentando la richiesta a sette anni, ha dichiarato all’Adnkronos: “Mi sembra una richiesta più di prammatica o d’ufficio che fa seguito a una requisitoria stantia appoggiata alle vecchie teorie costruite dalla precedente accusa ‘ingroiana’. E’ incredibile poi che si continui a parlare della nascita di Forza Italia in termini tendenziosi quando è straprovata l’estraneità di elemento inquinanti, esclusi anche da una sentenza di Cassazione”.
In primo grado Dell’Utri, assente anche oggi al processo, era stato condannato a nove anni di carcere, ridotti a sette anni in appello, ma la Cassazione un anno fa ha annullato la condanna rinviando a nuovo processo.
Anche i difensori di parte civile, l’avvocato Salvatore Modica per il comune di Palermo e l’avvocato Filippo Villanova per la Provincia, si sono associati alla richiesta di pena del pg per il senatore Marcello Dell’Utri, chiedendo anche loro la pena a sette anni. L’udienza è stata rinviata al 4 febbraio per l’avvio delle arringhe difensive. Comincerà l’avvocato Giuseppe Di Peri, uno dei legali di Dell’Utri.
Il pg di Palermo ha iniziato la seconda udienza dedicata alla requisitoria nel processo d’appello a carico del senatore Pdl, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, dichiarando: “Sono provate le condotte dell’imputato Marcello Dell’Utri dal ’74 al ’78 che ha avuto rapporti continuativi con Cosa nostra, agevolando anche il patto di protezione nei confronti di Silvio Berlusconi”.
“Dell’Utri continuò a frequentare Vittorio Mangano sapendo il suo peso mafioso – ha detto ancora il pg – Finiamola con questa aurea da semplice ‘stalliere’ di Arcore. Dell’Utri sapeva perfettamente che Mangano era un soggetto fortemente mafioso e che ha fatto da basista per il sequestro Tangeri”.
Il boss mafioso “Totò Riina, tramite Silvio Berlusconi, voleva agganciare Bettino Craxi – ha proseguito -. E, caduto Craxi, Cosa nostra pose le sue attenzioni su Forza Italia. Non è certo Cosa nostra che fece vincere le elezioni di Forza Italia nel ’94, ma la mafia ha votato per questo partito”.
“Non c’è soluzione di continuità tra il patto scellerato di mediazione con Cosa nostra di Marcello Dell’Utri stipulato nel 1974 e il patto che verrà rinnovato da Totò Riina nel 1986″, ha aggiunto. “Alla morte di Stefano Bontade il patto passa ai fratelli Pullarà che assumono la reggenza della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù – ha detto il pg – ma Cosa nostra, ancorché abbia stipulato un patto di mediazione con Dell’Utri di protezione per Berlusconi, non è un’agenzia di assicurazione. E’ un rapporto complesso. E quando Totò Riina raddoppierà la richiesta estorsiva nei confronti di Silvio Berlusconi, non si annullò il patto precedente di garanzia con Dell’Utri. E’ Dell’Utri che è scontento su come si comportano i Pullarà e quindi cerca altri interlocutori. Tant’è che il nuovo patto fatto con Riina ha un oggetto più importante di quello precedente, oltre all’aumento della tangente, ha come oggetto lo scambio politico-mafioso”.
Nel corso della requisitoria fiume il pg Luigi Patronaggio ha ricordato un’intercettazione telefonica tra il fratello gemello dell’imputato, Alberto Dell’Utri e Gaetano Cinà, il presunto soldato della famiglia mafiosa di Malaspina a Palermo. Secondo il rappresentante del’accusa una cassata inviata nel Natale del 1986 a Silvio Berlusconi con la scritta ‘Canale 5′, proverebbe i rapporti tra Cosa nostra e dell’Utri, che avrebbe fatto da mediatore.
L’intercettazione è del 25 dicembre 1986 e, secondo l’accusa, proverebbe che tra gli uomini d’onore palermitani c’era chi si preoccupava di dimostrare a Berlusconi il proprio affetto e la propria stima regalandogli per Natale una cassata siciliana da 11 chili e 800 grammi.
“Da quando faccio il magistrato non ho mai incontrato un imputato chiamato a rispondere di un rapporto trentennale con Cosa nostra – ha affermato il pg -. La storia di Marcello Dell’Utri non si può leggere se non si leggono i suoi rapporti più che trentennali con la mafia”. “E’ stato un lungo rapporto costante e proficuo tra Dell’Utri e Cosa nostra – ha proseguito Patronaggio – e l’imputato non ha mai preso le distanze da questi rapporti”.
Secondo la Cassazione, che ha annullato la condanna sette anni in appello, sono provati i rapporti di Dell’Utri con Cosa nostra dal 1974 fino al 1979, invece secondo il pg Patronaggio i rapporti tra l’imputato e i boss non si sarebbero mai interrotti.
Il pg di Palermo ha poi affermato che il senatore nel 1994 “ha caldeggiato il provino del calciatore Gaetano D’Agostino nelle giovanili del Milan perché intervennero i boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano”.
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