Allarme di Bankitalia: Al 65% delle famiglie il reddito non basta. I giovani più in difficoltà
Nel 2010 è aumentata al 65% (era al di sotto del 40% nel 1990) la quota di quelli che valutano il proprio reddito inferiore a quanto ritenuto necessario. L’incremento è più diffuso per i nuclei che vivono in affitto, in cui il capofamiglia è operaio oppure disoccupato, pensionato, impiegato a tempo parziale. E’ quanto emerge da un ‘occasional paper’ (‘Le difficoltà di risparmio nelle valutazioni delle famiglie italiane’ di Antonio Bassanetti e Concetta Rondinelli) pubblicato sul sito di Bankitalia, che analizza le valutazioni espresse dalle famiglie nell’ambito dell’inchiesta mensile sulla fiducia dei consumatori condotta sino al 2010 dall’Isae e successivamente dall’Istat. Ci sono “chiari segnali di difficoltà delle famiglie nel riuscire a risparmiare la quantità di risorse desiderata, in presenza di una marcata contrazione del reddito disponibile e del contestuale obiettivo di contenerne l’impatto sul proprio tenore di vita”. La recente flessione del saggio di risparmio delle famiglie italiane, si evidenzia nello studio, quasi 4 punti percentuali tra il 2007 e il 2011, è avvenuta a fronte di una sostanziale stazionarietà in Francia e in Germania. In particolare, sono aumentate, fino a toccare il 90% nell’ultimo quinquennio (dal 75% degli anni precedenti), le famiglie che ritengono opportuno risparmiare, plausibilmente per motivi precauzionali legati alla fase ciclica recessiva. Tali giudizi sono meno diffusi tra i lavoratori autonomi e riguardano senza distinzione le varie tipologie di struttura familiare (ad esempio per età del capo-famiglia e grado di istruzione). Contestualmente, tuttavia, la quota di famiglie che ritengono di avere effettive possibilità di risparmio si è collocata su livelli storicamente bassi, intorno al 30% dalla metà dello scorso decennio (era sul 50% all’inizio degli anni novanta). Sulla base di una simulazione condotta per il sottocampione dei giovani con elevata istruzione, il divario tra coloro che ritengono, rispettivamente, opportuno e possibile risparmiare è aumentato soprattutto fra quelli che vivono soli, in affitto e che sono titolari di un contratto di lavoro a tempo determinato. La forbice, inoltre, risulta essere più ampia per le famiglie che risiedono nei comuni più grandi. Secondo quanto emerge dall”occasional paper’, sono i nuclei familiari a basso reddito, quelli giovani e gli affittuari i più colpiti dalla crisi. Considerando una misurazione della povertà, che oltre al reddito, prenda in considerazione anche la ricchezza, è emerso tra il 2008 e il 2010 un peggioramento di tali indicatori, in misura particolarmente accentuata tra i giovani e gli affittuari.Nel 2010 le famiglie povere di reddito e di ricchezza al netto dell’abitazione di residenza erano l’8,8% in lieve aumento rispetto al 2008; tra quelle giovani, l’incidenza della povertà è invece aumentata di quasi tre punti tra le due rilevazioni, fino a raggiungere il 15,2%, un valore ben più elevato di quello della popolazione nel suo complesso.Per gli affittuari la percentuale è ancora maggiore, pari al 26,1%, in aumento di 3,5 punti tra le ultime due rilevazioni. L’evidenza presentata in questo lavoro pone in luce la vulnerabilità di una quota rilevante di famiglie giovani e di locatari. Di fronte a una generale riduzione del risparmio e dell’interruzione della crescita della ricchezza netta, alcune famiglie hanno dunque risentito della crisi più di altre. E i dati macroeconomici più recenti, segnala lo studio, indicano “una ulteriore riduzione del reddito e un peggioramento del tasso di risparmio, prefigurando quindi un successivo inasprimento delle condizioni finanziarie delle famiglie più vulnerabili in assenza di opportune misure di sostegno o di una ripresa del ciclo economico”. Ancora prima del dispiegarsi degli effetti della crisi, osservano i due economisti, il risparmio delle famiglie italiane era in calo. La propensione al risparmio è ulteriormente diminuita dopo il 2008 ed è aumentata la quota di famiglie con reddito insufficiente a coprire i consumi, in particolare per le famiglie a basso reddito: la metà dei nuclei appartenenti a questa classe ha entrate insufficienti a coprire i consumi. L’aumento degli squilibri è segnalato anche dall’incremento della concentrazione della ricchezza: tra il 2008 e il 2010 la quota di ricchezza netta posseduta dai tre quartili di reddito più bassi è diminuita a vantaggio della classe più elevata. L’esigua frazione di ricchezza detenuta dai nuclei giovani, infine, si è ridotta ulteriormente.
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