Domenica Lega in piazza a Milano, prova d’esame per Bossi

Domenica la Lega scenderà in piazza a Milano contro le tasse del governo Monti. E farà sentire ”forte e chiara” la sua voce di protesta anche sulle liberalizzazioni e la riforma del mercato del lavoro. Accantonata l’ipotesi di un rinvio della kermesse, dalle parti di via Bellerio si sottolinea la necessità di dare ora un ”segnale di svolta” dopo le forti polemiche suscitate dal caso Maroni. Ieri, durante un faccia a faccia molto franco, Umberto Bossi e l’ex ministro dell’Interno hanno siglato una tregua armata che, raccontano, non potrà durare a lungo se si dovesse continuare così.
Tra veti incrociati e veleni. L”obiettivo, almeno nelle intenzioni dei ‘maroniani’, è convocare i congressi al più presto, per scongiurare strappi e arrivare in autunno al Congresso federale (l’ultimo, quello a Forum di Assago, risale al 2002).
La dead line è fissata lunedì prossimo, quando si celebrerà il Consiglio federale del partito, che si annuncia decisivo per il futuro del partito.
Dopo il colloquio di ieri con Maroni, infatti, sono circolate voci sulle possibili dimissioni del Senatur, ormai stanco delle continue beghe interne. Tutte indiscrezioni smentite dai ‘piani alti’ che, però, non vengono smentite da molti parlamentari del cosiddetto cerchio magico. Non a caso, la deputata Paola Goisis, bossiana di ferro, chiede al Senatur di non mollare: ”Bossi è saggio e intelligente: per non far crollare la Lega e per il bene del partito potrebbe anche dimettersi, ma se facesse un passo indietro, sarei molto amareggiata, vediamo cosa succede”. Domani sera Maroni sarà a Varese, il primo appuntamento dopo il divieto, poi ‘ritirato’, di partecipare a impegni pubblici.
All’iniziativa dovrebbero salire sul palco anche Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti, anche se si sta lavorando soprattutto per la presenza di Bossi e per un ‘coreografico’ abbraccio tra il leader e Maroni. L’appuntamento è stato spostato in un teatro più grande, visto l’elevato numero di adesioni: dal Santuccio, 300 posti, all’Apollonio, 1.200. Bossi però scioglierà solo all’ultimo la riserva sulla sua presenza a ‘Libera Padania’. Ma i ‘cerchisti’ starebbero tentando, a quanto si apprende, di tenere il Senatur lontano da Varese.
Una presenza del ‘capo’, raccontano, si presterebbe a varie interpretazioni. Secondo i ‘bossiani’, indebolirebbe la linea del Senatur. Altri mettono in guardia dal non farsi ingannare dal gioco delle parti, secondo cui Bossi e Maroni avrebbero concordato le prossime mosse. In Transatlantico, a Montecitorio, i parlamentari lumbard non parlano d’altro. Tutti si interrogano sul futuro di Bossi: mollerà la presa? O andrà avanti, facendo buon viso a cattivo gioco? Oppure, ordinerà ai suoi di strappare, favorendo così la conta finale? In tanti ammettono che ”in queste condizioni, il ‘capo’ potrebbe pure pensare di dimettersi”. Il timore, spiega un big del partito, fedelissimo al Senatur, è che ”se Umberto si convincesse di non essere più necessario al movimento, potrebbe lasciare con molta tranquillita’, ma spero vivamente che non lo faccia’. ”Bisogna chiudere il vaso di Pandora, altrimenti non ne usciamo piu”’, avverte un alto dirigente vicino all’ex ministro delle Riforme.
Mario Borghezio, europarlamentare leghista, si augura che il ‘capo’ non lasci: ”Leggo sui giornali lo sfogo di Umberto. E’ piu’ che comprensibile, data la situazione in cui versa il partito, ma nessun leghista degno di questo nome puo’ credere che la Lega possa fare a meno di lui”. Per Borghezio la presenza di domani a Varese di Bossi potrebbe essere un gesto di apertura importante: ”In queste ore tanti di noi si domandano se Umberto andrà o meno a Varese. Io proprio non so cosa farà. Sarebbe un gesto importante la sua partecipazione. Sicuramente -dice- avrebbe un effetto molto positivo sia per l’immagine esterna del partito, sia per il fronte interno”.Giacomo Chiappori, altro bossiano di ferro, è ottimista: ”Umberto non è uno che si dimette, non credo affatto a un suo passo indietro. Anche perché sarebbe una iattura per il partito. Non ci interessa la strategia dei giochetti per far fuori il nostro capo, così come hanno fatto fuori Berlusconi da palazzo Chigi…”.
Intanto, Maroni non perde occasione, coi giornalisti, in tivù o sul suo profilo Facebook per ribadire di essere soddisfatto per la grande reazione di affetto espressa da militanti e simpatizzanti.
Per i maroniani la cosa più urgente è fare i congressi. Subito. Sono scaduti dal luglio 2011 sia in Veneto che in Lombardia. Fare i congressi, spiegano, è il momento più alto di democrazia interna, perché decide sempre e comunque la base”.
Flavio Tosi, sindaco di Verona, è tornato a prendersela con gli uomini più vicini al Senatur: ”Bisogna liberare Umberto da quelli del cerchio magico che lo ha malconsigliato di far fuori Maroni”.