Milano, il Pm: “Sette anni di carcere per Mora, Fede e Minetti” “Tutti sapevano che Ruby era minorenne”. “Assaggiavano ragazze come vini”
La Procura di Milano chiede una condanna a sette anni di reclusione per Nicole Minetti, Lele Mora e Emilio Fede accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile nell’ambito del processo denominato ‘Ruby 2′. A quantificare la condanna è stato il procuratore aggiunto Pietro Forno al termine della sua requisitoria.
Forno, nel leggere la richiesta di condanna, definisce “più grave” il delitto di prostituzione minorile a carico dei tre imputati. E chiede che ciascuno di loro paghi una multa di 35mila euro. Oltre alla pena di sette anni, l’accusa ha chiesto per gli imputati anchel’interdizione perpetua dai pubblici uffici e da tutte quelle strutture pubbliche, come scuole e strutture sportive, di ogni ordine e grado che presuppongano la presenza di minori. Al termine della requisitoria Forno ha sottolineato che quanto emerso “comprova l’esistenza di quel sistema prostitutivo che giustifica le richieste di condanna”. Poco prima, il pm ha citato l’ex moglie di Berlusconi, Veronica Lario, riportando le frasi che la signora aveva scritto nel 2009, “molto prima che emergessero i fatti di cui noi ci occupiamo. La signora non poteva tollerare ’un sistema di vergini in pasto al drago’”. Il pm Antonio Sangermano, dal canto suo, nel corso della sua requisitoria ha sostenuto che “i nostri tre imputati sapevano che Ruby era minorenne”. “In questo processo – ha detto – la prova che Ruby sia una prostituta non è essenziale. Non dobbiamo stabilire questo ma capire se le persone che l’hanno introdotta lì l’hanno istigata alla prostituzione”. Ossia, per il pm, è necessario capire se Ruby “fu introdotta in un particolare contesto dove si sarebbe potuta prostituire”. Chi pensa che il processo Ruby sia “un espediente per spiare una persona – prosegue il magistrato – per una logica antagonista è in malafede o non conosce le leggi. I pubblici ministeri hanno ricevuto una macroscopica notizia di reato”. La macroscopica notizia è, per Sangermano, “una ragazza minorenne che girava per Milano con pacchi di denaro, viveva con una prostituta, riceveva reiterati inviti a prostituirsi e frequentava la casa di un uomo molto ricco al cui interno si configuravano reati puniti dalla legge Merlin”. E, per di più, Ruby era “scappata da una comunità per minorenni”.
“La rilevanza politico-culturale del caso Ruby e la convergenza tra alcuni mezzi di informazione ha dipinto il processo come una farsa. Tale sintonia è arrivata a dipingere i magistrati come accaniti spioni”. Tale convergenza, secondo il pm Sangermano, ha reso il caso Ruby come “un attacco personale”. E una simile sintonia avrebbe finito per influenzare anche le strategie difensive. Ma ridurre tutto a “morbosa curiosità dei pm – sostiene Sangermano – non è accettabile sul piano logico del processo”. Per Sangermano, ”il bunga bunga non è un parto della mente degli inquirenti ma il contesto ambientale in cui si sviluppa un complesso sistema di prostituzione. Gli eventi organizzati ad Arcore – ha aggiunto il pm – avevano certamente una natura prostitutiva”.
Secondo il magistrato, Emilio Fede e Lele Mora (“sodali”) si sarebbero comportati “come assaggiatori di vini pregiati” nei confronti delle ragazze da portare ad Arcore da Silvio Berlusconi “personaggio in favore del quale viene predisposto il sistema”. Sangermano rileva poi “la compartecipazione, l’intreccio fondamentale” anche tra Mora e l’ex consigliere regionale Nicole Minetti nell’introduzione di Ruby. A margine dell’”apparato complesso per remunerare giovani donne”, ha continuato il pm, l’ex consigliere regionale Nicole Minetti “non svolgeva solamente un’attività di intermediazione con loro, ma partecipava attivamente alle serate di Arcore compiendo atti sessuali retribuiti”. Riferendosi a una intercettazione e descrivendo il ruolo di Emilio Fede e Lele Mora nell’organizzare le feste di Arcore, il pm definisce le ragazze “assatanate di soldi”. Mora, descritto come “soggetto specifico preposto a individuare le ospiti, pescando tra le donne con cui intratteneva rapporti di lavoro”, dava nelle telefonate intercettate la certezza che “chi sarà disponibile verrà retribuito e – ha detto il pm – le ragazze sapevano ciò che sarebbe accaduto per compiacere il dominus”.
Ancora. C’era, nell’attività di Emilio Fede e Lele Mora, una “valenza pressoria nei confronti di Silvio Berlusconi”. I due imputati conoscevano “quanto succedeva ad Arcore” e quanto sarebbe accaduto “nel caso in cui fosse emerso”. I due, secondo il pm, avrebbero ottenuto un “vantaggio economico in danno, e sottolineo in danno di Silvio Berlusconi”. Fede e Mora si “parlavano con un linguaggio allusivo e simbolico nascondendo sotto la parola ‘programmi’ ciò che realmente accadeva” e si adoperavano per “immettere sempre nuove ragazze nelle feste”. In questo processo, ha precisato ancora Sangermano, “il ruolo di Silvio Berlusconi sarà toccato solo in ottica probatoria. Si tratteranno i profili comportamentali in relazione alla valenza probatoria. Ad altre sedi democratiche spettano i giudizi su Silvio Berlusconi, la sua vicenda la giudicherà la storia”. Per il processo Ruby 2 si torna in aula il 7 giugno per le dichiarazioni spontanee degli imputati. Le prossime udienze, il 21, il 28 e il primo venerdì di luglio, saranno dedicate alle arringhe dei difensori e il secondo venerdì di luglio, ossia il 12 è possibile il pronunciamento della sentenza.
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