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Derivati stipulati negli anni Novanta, una bomba a orologeria nei conti pubblici italiani. Ma il Tesoro smentisce: “Non esiste alcun pericolo”

Derivati stipulati negli anni Novanta, una bomba a orologeria nei conti pubblici italiani. Ma il Tesoro smentisce: “Non esiste alcun pericolo”

Una ‘bomba a orologeria’ nei conti pubblici italiani, con il rischio di perdite fino a 8,1 miliardi di euro su contratti derivati stipulati negli anni Novanta in vista dell’ingresso del nostro paese nell’Eurozona. E’ quanto emerge dall’analisi della relazione del Tesoro inviata alla Corte dei Conti, a inizio 2013. La vicenda, riportata oggi da Repubblica e Financial Times, riguarda la ‘gestione delle passività’ su un totale di contratti da 31,7 miliardi di euro e – in base ai calcoli di esperti indipendenti sui prezzi attuali – esporrebbe il nostro paese a una perdita potenziale di 8.100 milioni di euro.

I dettagli della questione, secondo i giornali, sarebbero disponibili solo a pochissime persone: fra queste Mario Draghi, all’epoca direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, attuale dg e all’epoca coinvolto nella gestione di quei contratti, e Maria Cannata, oggi alla guida della Direzione Generale del debito pubblico. Nel 1995 l’Italia aveva un deficit di bilancio del 7,7% mentre tre anni dopo questo livello era sceso al 2,7%, quindi sotto la soglia necessaria per entrare nell’euro. Un calo molto forte, che già in passato aveva suscitato osservazioni critiche all’estero, soprattutto in Germania. E dopo che l’Associazione Bancaria Italiana ha invitato il governo a intervenire con chiarezza sulla vicenda (“Bisogna verificare subito”, ha detto il presidente Antonio Patuelli), arriva la smentita del Tesoro. Non esiste alcun pericolo per i conti dello Stato legato ai contratti su derivati stipulati negli anni Novanta, afferma in una nota il Dipartimento del Tesoro del Mef, “in merito alle illazioni avanzate da alcune testate”. Nell’analisi il Tesoro spiega di voler fornire “precisazioni e chiarimenti utili a comprendere che gli strumenti di protezione dal rischio di interesse oggi gestiti non comportano perdite”.