Berlusconi a Libero: “Se condannato vado in carcere, non faro’ come Craxi”. Poi smentisce
”Non farò l’esule, come fu costretto a fare Bettino Craxi. Né accetterò di essere affidato ai servizi sociali come un criminale che deve essere rieducato. Ho quasi settantotto anni e avrei diritto ai domicilairi, ma se mi condannano, se si assumono questa responsabilità, andrò in carcere”. Così Silvio Berlusconi in un colloquio con ‘Libero’, parla dell’attesa sentenza sui diritti Tv del prossimo 30 luglio e delle sue conseguenze.
Intervista però smentita in tarda mattinata con una nota di palazzo Grazioli. “Il presidente Berlusconi non ha rilasciato alcuna intervista. Il direttore Belpietro ha liberamente interpretato il senso di un colloquio in cui sono state confermate l’assoluta infondatezza delle accuse rivolte al presidente Berlusconi e la sua precisa volontà di continuare a offrire il suo contributo al popolo dei moderati”.
Nell’articolo di ‘Libero’, il Cavaliere si dice “abbastanza ottimista: non possono condannarmi. Se non c’è pregiudizio, se non ci sono pressioni, la Cassazione non può che riconoscere la mia innocenza”. E nel merito delle accuse dice: “Facevo il presidente del Consiglio, cosa ne potevo sapere io dei contratti per i diritti tv”; “vi pare che avrei rischiato tutto questo per tre milioni dopo averne corrisposto più di 500 in un solo esercizio?”. Sulle eventuali conseguenze, Berlusconi e’ netto: “Io non faro’ cadere Letta, ma sara’ il suo partito a farlo. Se io venissi condannato, il Pd non accetterebbe mai di continuare a governare insieme con un partito il cui leader e’ agli arresti e interdetto dai pubblici uffici”.
Intanto il Pdl fa quadrato attorno al leader. “La storia di questi vent’anni di accanimento giudiziario ai danni di Silvio Berlusconi ha sinora dimostrato che per il leader del piu’ grande partito di centrodestra la giustizia non c’e’ – afferma Daniela Santanchè -. Pertanto sono e rimango pessimista anche se fino all’ultimo mi auguro di essere smentita il giorno 30″. “La buonafede emerge a chiare lettere dai fatti: quel processo, come gli altri, non avrebbe mai dovuto celebrarsi. Condannare Silvio Berlusconi significherebbe non solo punire un imprenditore di successo con l’unica colpa di essersi occupato non solo delle sue aziende ma anche della cosa pubblica immaginando di potere trasformare in meglio e ammodernare il nostro Paese, ma anche mettere in discussione quasi 10milioni di italiani”, prosegue l’esponente del Pdl. “La responsabilita’ di chi deve decidere e’ dunque altissima. Anche questa volta la politica e’ miope e molti pensano a quali potrebbero essere le ripercussioni sul governo, facendo finta di non capire che qui il problema non e’ il governo,ma la democrazia di un Paese. Non si facciano conti strani -dice ancora la Santanche’-. Se fino ad ora il presidente Berlusconi ha dato la linea della responsabilita’, del silenzio, del rispetto, da dopo il 30 luglio tutto cio’ non potrebbe non valere piu’ per quegli oltre 10 milioni di italiani che certamente non rimarranno in silenzio se si verificasse questo attentato alla democrazia”.
Per Maria Stella Gelmini ”nessuna sentenza potra’mai ledere la leadership di Berlusconi che e’ amato dal suo popolo, che negli anni gli ha riconfermato a piu’ riprese fiducia e affetto, e sostenuto dal suo partito -prosegue l’esponente del Pdl-. Quello che accadra’ il 30, dunque, non e’ questione privata, ma interessa militanti, iscritti e non iscritti, simpatizzanti e anche gli avversari. Nessuno infatti puo’prescindere”. ”Fermo restando che sara’ Berlusconi a decidere le mosse successive al 30 luglio, e’ uomo che non fugge rispetto alle proprie responsabilita’, rimane l’ansia per una sentenza che potrebbe cambiare glli equilibri e danneggiare il Paese”, conclude la Gelmini.
Secondo Fabrizio Cicchitto, “il fatto che un Paese appartenente all’Occidente democratico come l’Italia trattenga il fiato in attesa di cio’ che avverra’il 30 luglio per il processo in Cassazione riguardante il leader del centrodestra Silvio Berlusconi la dice lunga su quale situazione catastrofica puo’ portare un prolungato (dal 1992) uso politico della giustizia”. “Non e’in questione infatti una vicenda penale privata di Silvio Berlusconi. Quando un leader politico dal momento in cui e’ sceso in campo e’ diventato oggetto di oltre 30 procedimenti giudiziari le alternative sono due: o ci troviamo di fronte a un serial killer o ci si trova di fronte ad un gravissimo, prolungato,sistematico uso politico della giustizia che ha stravolto e tuttora travolge la normalita’ della vita politica italiana”, dice ancora l’esponente del Pdl.
Social