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L’ottimismo del ministro Delrio: “Aboliremo le Province entro l’anno” poi ammette : “Ci sono molte resistenze da parte dello stesso Pd”

“Resistenze all’abolizione delle Province ce ne sono, anche dentro il Pd. Ma abbiamo fatto una promessa agli elettori e adesso dobbiamo mantenerla”. Lo afferma, in una intervista a ’La Repubblica’, il ministro per gli Affari regionali e le autonomie locali Graziano Delrio. ”Stiamo procedendo, stiamo per affrontare la discussione nella commissione affari costituzionali della Camera”, aggiunge il ministro, che spiega come l’idea sia quella di “ridurre le varie materie di competenza oggi assegnate alle Province”. Parallelamente al testo in esame alla Camera, “ci sarà un disegno di legge per una modifica costituzionale che verrà presentato entro l’anno”.

“A maggio non si voterà più per le Province perché nel frattempo saranno diventate enti di secondo grado. Non verranno cioè elette dai cittadini”. Delle province “faranno parte i sindaci dei Comuni del territorio, che tutti assieme formeranno un’assemblea in seno alla quale verrà scelto il nuovo presidente a costo zero. Saranno cioè i sindaci a scegliere il presidente, non più i cittadini. Si tratta di una riforma molto importante”. Le Città metropolitane “arriveranno dal primo di gennaio. Nelle aree metropolitane le Province saranno assorbite della Città metropolitane via via che andranno a costituirsi e insediarsi”, conclude Delrio.

Il percorso ideale del nuovo centrodestra, dell’erede del Pdl sarebbe quello di “coniugare insieme la continuità berlusconiana e il rinnovamento rappresentato da Alfano”. Lo sostiene, in una intervista a ‘La Stampa’, il presidente della commissione Esteri della Camera Fabrizio Cicchitto, secondo il quale, al contrario, sarebbe “un errore tragico un’operazione il cui rischio è quello di mettere in piedi un movimento fideistico ed estremista, esattamente il contrario del partito a maglie larghe di stampo liberal-moderato lanciato nel 1994″.

”Non funzionerebbe”, spiega Cicchitto, perche’ ”sarebbe sostenuta solo dallo zoccolo duro e le sfuggirebbe tutta una vasta area di centro. Se poi aggiungiamo la sciagurata ipotesi di una crisi di governo che qualche falco ma non aquila vorrebbe innescare in tempi brevi, il movimento imboccherebbe la china dell’estremismo, evitata in extremis da Berlusconi stesso il 2 ottobre scorso”. Inoltre, non e’ sufficiente ”cambiare l’insegna”, da Pdl a Forza Italia, per recuperare i 6 milioni di voti persi per strada nelle ultime elezioni politiche, nonostante ”la leadership di Berlusconi” abbia ”evitato una sconfitta”. Infine, ”non e’ che nel nome della fedelta’ cieca e assoluta si puo’ tappare la bocca a chi solleva problemi seri sul partito da mettere in piedi, su dove si vuole andare. E su quello che conviene allo stesso Berlusconi”, conclude Cicchitto.