Abolizione Province, legge passa in Aula sul filo di lana. M5S tenta di bloccarla, respinto per 4 voti
Il caso Province approda al Senato con momenti di suspense. Infatti governo e maggioranza sono andati sotto due volte in commissione Affari costituzionali al Palazzo Madama, dove si sono votati gli emendamenti al ddl Delrio sulla riforma delle Province. Riforma che oggi pomeriggio è approdata all’esame dell’aula e che ha come scadenza tassativa le 18 di domani. Al Senato, però, come riporta Repubblica.it, accade che la pregiudiziale di costituzionalità presentata dal M5S contro il taglia-Province viene, sì, respinta ma con soli 4 voti di scarto: gli ok sono stati 112, i no 115 e una sola astensione (che al Senato vale come voto contrario). Davvero un ‘soffio’ anche se si pensa che la maggioranza che diede fiducia al governo Renzi fu di 169 senatori. Un segnale non proprio positivo per il treno delle riforme su cui punta il presidente del Consiglio.
Tra i parlamentari che hanno contribuito a ‘salvare’ il ddl da una pregiudiziale che, se accolta, avrebbe affossato la riforma, ci sarebbero Pierferdinando Casini e Maria Paola Merloni (Per l’Italia), in dissenso rispetto al proprio gruppo e in controtendenza anche rispetto a quanto avvenuto in mattinata in commissione.
Soltanto poche ore prima, infatti, governo e maggioranza sono stati battuti in commissione su un emendamento dell’opposizione: prima è passata una norma proposta da Sel che restituisce alle Province le competenze sull’edilizia scolastica. Poi è stato bocciato l’emendamento del relatore Francesco Russo del Pd che fissava un tetto alle indennità dei presidenti delle Province in misura non superiore a quella del sindaco del Comune capoluogo.
Stando alla riforma Delrio, infatti, fino al 31 dicembre 2014 gli enti vivranno una fase di cosiddetto ‘accompagnamento’: se il ddl passerà definitivamente, per 9 mesi le giunte provinciali continueranno a esistere, e solo dal 1° gennaio 2015 il disegno dell’ex ministro degli Affari regionali, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, prenderà realmente forma. Da qui ad allora, le Province commissariate rimarranno tali, mentre le 52 che a maggio sarebbero dovute andare al rinnovo rimarranno in carica così come sono: ai vertici, gli stessi amministratori in scadenza che saranno tali per il periodo di transizione.
Sul nodo delle indennità, però, i giochi non sono ancora fatti: secondo il sottosegretario ai Rapporti con il parlamento, Luciano Pizzetti l’emendamento, bocciato in commissione, potrebbe essere riproposto e recuperato in aula.
A incidere sull’esito delle votazioni, l’assenza – decisiva – del senatore di maggioranza Mario Mauro (Per l’Italia). A inizio seduta, infatti, in commissione si era subito notata anche l’assenza di due senatori in quota Ncd. I numeri mancanti avevano creato qualche tensione, e i due parlamentari alfaniani erano stati prontamente sostituiti. Non così nel caso di Mauro: nonostante le sollecitazioni, il posto dell’ex ministro montiano (non riconfermato da Renzi) è rimasto ‘casella’ vuota. Lo stesso Mauro l’ha poi definita “un’assenza politica”. Per il senatore, secondo quanto si apprende, il ddl avrebbe dei “limiti di costituzionalità” e “i costi non sarebbero affatto diminuiti”. Per il governo era presente Pizzetti.
Intanto, il Pd serra le fila, e a intervenire è il relatore Russo: “Il Senato – dice – voterà, entro domani, a favore dell’abolizione delle Province dimostrando che cambiare si può. Questi sono fatti ed è l’unica cosa che conta”.
“In commissione Affari costituzionali – prosegue – si è verificato un episodio marginale che ha visto il governo e la maggioranza battuti
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