Spending Review, più tasse alle banche e diminuzione dell’Irpef. Renzi: “Ora pagherà chi non ha mai pagato”
Alla fine il pendolo dei risparmi si ferma a quota 4,5 miliardi: è questa la cifra che il presidente del Consiglio annuncia come risultato della revisione della spesa per il 2014. Un obiettivo a questo punto quasi prudente, se è vero che il commissario Carlo Cottarelli avrebbe messo insieme tagli per 6 miliardi. Per arrivare ai 6,7 miliardi necessari a realizzare nel 2014 la riduzione del carico fiscale sulle buste paga mancano dunque 2,2 miliardi, che il governo intende ricavare da una parte dal maggior gettito Iva conseguente dai maggiori pagamenti di debiti della pubblica amministrazione, dall’altra attraverso un inasprimento (dal 12 al 26 per cento) dell’imposta sostitutiva sulle plusvalenze che le banche stanno realizzando con la rivalutazione delle loro quote in Bankitalia: scelta quest’ultima che ha già suscitato le proteste dell’Abi.
LA BUSTA PAGA
I dettagli dell’intervento a favore dei redditi da lavoro dipendente bassi e medio bassi si conosceranno solo venerdì 18, quando il governo approverà il decreto con le misure fiscali e quelle di contenimento della spesa. Ma dopo aver confermato l’obiettivo principale di garantire un aumento netto di 80 euro al mese per chi ne guadagna circa 1.500 al mese, lo stesso Renzi ha annunciato anche una «soluzione tecnica» per gli incapienti, ossia quei lavoratori che avendo retribuzioni molto basse non versano Irpef e dunque non si possono avvantaggiare di un incremento delle detrazioni. Si tratterà probabilmente di un contributo diretto, un bonus.
Ugualmente nel decreto troveranno posto le misure con cui saranno effettivamente realizzati i risparmi di spesa. Al momento c’è un elenco di capitoli che saranno toccati. Oltre alle retribuzioni dei dipendenti pubblici, si parla di trasferimenti alle imprese, sanità (con l’individuazione di costi standard), acquisti di beni e servizi da realizzare attraverso una concentrazione degli appalti presso la Consip e alcune altre centrali di acquisto, gestione degli immobili pubblici, società partecipate degli enti locali, spese per la difesa, trasporto ferroviario (con un possibile aumento delle tariffe).
Il Documento di economia e finanza propriamente detto si occupa invece in primo luogo del quadro macro-economico e delle prospettive per la finanza pubblica. L’esecutivo ha formulato previsioni di crescita più prudenti rispetto a quelle passate, anche se il premier si attende che i numeri si rivelino ala fine sottostimati. Quest’anno il prodotto interno lordo avrà una crescita reale dello 0,8 per cento, mentre nei due anni successivi si arriverà rispettivamente all’1,3 e all’1,6.
I NUMERI
L’indebitamento netto, ossia il deficit rilevante ai fini europei, si attesterà nel 2014 al 2,6 per cento del Pil per poi scendere all’1,8 e quindi allo 0,9 nel 2016. Calcolato però in termini strutturali, ossia depurato degli effetti del ciclo economico e delle voci una tantum, il deficit scenderà il prossimo anno allo 0,1 per cento, quindi ad un sostanziale pareggio: il pieno azzeramento arriverà nel 2016. Sulla massa del debito si faranno sentire oltre che gli effetti della partecipazione italiana ai piani di aiuto internazionali anche l’accelerazione dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione: dunque dal 132,6 per cento in rapporto al Pil del 2013 si risalirà quest’anno al 134,9, mentre finora era previsto che il percorso iniziasse a discendere.
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