La Lewinsky parla dopo 15 anni e la Casa Bianca trema: “Il rapporto con Bill fu consensuale. Ho pensato al suicidio”
È tornata, determinata a dire la sua verità, a cambiare il finale della storia, a riscattarsi dall’umiliazione a cui è sopravvissuta in un silenzio di paure, disposta a fare uno sgambetto a Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca.
“Chi dice che i Clinton mi hanno pagato o qualcuno mi ha minacciato di non parlare, non è stato mai così lontano dalla realtà”, dice l’ex stagista della Casa Bianca, con cui Bill ebbe una relazione clandestina nella metà degli anni Novanta, che quasi gli costò l’«impeachment». “Una relazione assolutamente consensuale – dice Lewinsky oggi 40 enne. – Certo il mio boss si approfittò di me ma su questo voglio essere chiara: si trattava di un rapporto tra due adulti consenzienti. Gli abusi sono arrivati dopo, quando hanno voluto fare di me un capro espiatorio per proteggere la sua posizione”.
Ed è proprio il timore di ledere il potere che ha trattenuto Monica dall’aprire bocca: “Sino adesso sono stata timida”, ma ora “sono pronta a cambiare il finale della mia storia, costi quel che costi, e di questo me ne accorgerò presto”.
Parole che incombono come uno spada di Damocle sul progetto di un ritorno della Clinton alla Casa Bianca, questa volta però nella veste di protagonista, proprio nel momento in cui sondaggi e donazioni conferiscono più luce che mai alla sua stella politica. L’articolo dal titolo “Vergogna e sopravvivenza”, di cui sono stati pubblicati alcuni stralci (la versione integrale uscirà domani), ripercorre il cammino di Monica dopo il sexgate: “Ho rifiutato offerte per 10 milioni di dollari, non credevo fosse la cosa da fare. Si trasferisce a Londra per il master in psicologia sociale, quindi a Los Angeles, New York e Oregon. Dal 2005 si chiude in un silenzio ermetico in cerca di una nuova vita, ma nei colloqui di lavoro “dopo la curiosità iniziale non risultavo mai adatta. Mi dicevano che avevo le carte in regola, ma in occasione di ogni evento pubblico, la stampa sarebbe stata lì solo per me”.
Il marchio le è rimasto indelebile dal 1998, quando scoppiò lo scandalo: “Non solo fui la persona più umiliata al mondo, ma grazie a “Drudge Report” sono stata la prima persona globalmente umiliata su Internet”. Rifiuta l’accezione di “matta narcisistica” usata da Hillary nei suoi sfoghi epistolari con l’amica Diane Blaire, anzi rilancia con una critica dal retrogusto femminista. «La signora Clinton si é data la colpa per la relazione tra me e Bill, pensando di essere stata emotivamente negligente. E sembrava averlo perdonato. Trovo che l’impulso di accusare la donna, non solo me, ma anche lei stessa, sia preoccupante». Annuncia che è arrivato il tempo “di bruciare il berretto e seppellire il vestito blu”, due elementi determinanti usati dall’accusa per inchiodare Bill. A spingerla a parlare – dice – è stato il suicidio di un compagno di università, perché ripreso di nascosto mentre baciava un altro ragazzo. “Ora il mio obbiettivo è di aiutare le vittime delle umiliazioni e delle molestie online – avverte – e iniziare a parlare di questo argomento in ogni occasione pubblica”.
Social