Caso Matacena, la difesa di Scajola: “Ha fatto tutto per amore di Chiara Rizzo”
Claudio Scajola s’è messo nei guai per amore. È finito in carcere per ciò che ha combinato nella liason con Chiara Rizzo, l’avvenente moglie dell’ex deputato condannato per ‘ndrangheta Amedeo Matacena. Quello che molti hanno sussurrato per settimane, o commentato dandosi di gomito all’indomani dell’arresto del già potente uomo politico, non è più un pettegolezzo pruriginoso, bensì un argomento difensivo messo nero su bianco dai legali dell’ex ministro. Uno dei principali, ancorché inserito in una memoria densa di considerazioni in un punto di fatto e di diritto sull’infondatezza dell’accusa di «procurata inosservanza di pena» contestata al loro assistito, presentata al tribunale del Riesame che ieri gli ha concesso gli arresti domiciliari.
Lo Scajola innamorato insomma, finisce di essere mero argomento di gossip ed entra ufficialmente in un atto giudiziario sottoscritto dagli avvocati Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, nel tentativo di alleggerire la posizione del loro assistito nell’indagine dove i pubblici ministeri (ma non il giudice che l’ha fatto arrestare) lo considerano una pedina essenziale del più grande gioco di appoggio alla mafia calabrese. «E veniamo all’unico movente della sua condotta – scrivono i difensori dell’ex ministro -, il solo, unico motivo di tutto quanto egli ha fatto per aiutare Chiara Rizzo, peraltro sempre rimanendo nel lecito… È l’invaghimento di Claudio Scajola per questa donna estremamente bella, molto affascinante e, soprattutto, rimasta improvvisamente sola e disperatamente bisognosa di aiuto per qualunque cosa, a essere il motore di ogni sua azione. Ed è così che l’affetto nato nel corso degli anni, complice certamente anche il bisogno di aiuto di questa donna al quale lo Scajola non rimane sordo, prende corpo e si trasforma via via in una vera e propria passione».
Un trasporto che lo spinge ad accondiscendere ogni pretesa della signora Matacena per la quale «letteralmente stravede», e che diventa ancor più bruciante quando l’ex potente si rende conto di non essere l’unico aspirante alle attenzioni della donna. «Scajola – proseguono i difensori – è l’uomo innamorato che diviene non solo vittima di un umano e comprensibile sentimento di gelosia nei confronti di questa donna ma che lo vede, anche, totalmente consenziente e sottomesso a qualunque sua richiesta (foss’anche quella di farle da autista!), sia pur sempre rimanendo nell’ambito del lecito. Lui è così pronto a esaudire le sue richieste, a venire incontro alle sue esigenze, a risolvere qualunque sua necessità, sì da apparire indispensabile ai suoi occhi e poter avere l’occasione di ritagliarsi dei momenti di intimità con lei».
Conclusione sentimental-giuridica: «È questa la banalissima, quasi elementare verrebbe da dire, spiegazione che è alla base di tutto ciò che Scajola fa in questi mesi. Scajola è un uomo invaghito che per questa donna ha perso la testa e di cui diviene estremamente geloso, avendo compreso che la stessa nutriva un interesse per un altro uomo. Cosa c’entra la ‘ndrangheta con tutto questo? Cosa c’entra il dover diventare il referente di una sistema affaristico criminale il comportarsi in questo modo? Nulla, assolutamente nulla».
Solo per amore, dunque, Claudio Scajola avrebbe aiutato Chiara Rizzo a trasferire soldi dalle Seychelles a Montecarlo; oppure caldeggiato – a parole, ché di concreto «non ha fatto nulla» – l’asilo politico in Libano per il condannato Matacena («del quale non si comprende il disvalore penale», commentano i difensori). A sostegno dell’innocenza del loro assistito gli avvocati mettono in luce diverse altre questioni, nei fatti e in diritto, così come per ribadire l’insussistenza delle esigenze che l’hanno portato nel carcere romano di Regina Coeli, dov’è rimasto un mese e quattro giorni. Ma il movente dell’innamoramento, alternativo alla necessità di garantire la latitanza di Matacena per favorire la criminalità organizzata, è uno dei punti qualificanti della difesa. Sebbene, assicurano i due legali, «questo sentimento andrà con il tempo ad affievolirsi, a svanire, complice la circostanza che la signora Rizzo aveva di fatto deciso di legarsi all’uomo di cui Scajola era geloso, progressivamente “allontanandosi” da lui e quasi “fuggendo” dinanzi alle occasioni di rimanere insieme».
I difensori sottolineano che gli stessi investigatori impegnati ad ascoltare le telefonate tra Scajola e la Rizzo, e a pedinare l’ex ministro e la signora (a volte insieme, più spesso separatamente), si sono resi conto di un «rapporto in parte incrinato». Nel corso dei mesi l’ex ministro ha scoperto che «nella vita di Chiara c’era qualcun altro», fino a far scivolare la storia verso un finale non lieto: «Ciò inevitabilmente influì sull’atteggiamento di Scajola, modificandolo e facendolo allontanare da questa donna che all’evidenza non era sola e disperata come egli aveva creduto; fu così che i rapporti si raffreddarono e divennero sempre più diradati».
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