Assemblea nazionale del Pd, Renzi: “Chi ha notizie di reato vada dai giudici”
Prima della questione morale, per lui c’è la questione legale. «Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi». Non ha dubbi il premier e segretario del Pd Matteo Renzi che parla chiaramente all’assemblea Pd sottolineando che il partito è «garantista» ma non ci sta a «perdere la faccia» e sul tema della giustizia può camminare «a testa alta». «Non accettiamo da nessun punto di vista che sulla giustizia si giochi il derby che c’è da venti anni andando avanti in maniera totalmente ideologica» chiarisce Renzi.
L’altro punto forte della relazione era poi costituito da un impegno preciso: «A settembre, dopo la riforma della legge elettorale, realizzeremo un impegno preso durante le primarie, un impegno vincolante e lo faremo d’accordo con esponenti maggioranza e parlamento: quello sui diritti civili».
L’inizio della relazione del segretario del Pd era invece stato quasi elegiaco: «Il 40,8% è un risultato di speranza, ma fa tremare i polsi». Poi era andato subito al sodo: «Su tre temi dovremo giocare la battaglia delle prossime settimane»: l’Europa, la disoccupazione «sconvolgente» giovanile e una «gigantesca campagna» per l’educazione e la scuola.
«È vero che non possiamo mettere diktat e nessun paese può mettere diktat» sulla scelta del presidente della Commissione Europea affermava ancora il premier. «Non è un dibattito sull’Inghilterra ci sia o no. Noi vogliamo mandarla a casa questa sera ai Mondiali, non in Europa», aggiungeva. «C’è una grande questione europea: siamo il partito che ha preso il maggior numero di voti, ma che ce ne facciamo? Un grande risiko dei posti e dei nomi? No, dobbiamo cambiare l’idea stessa di Europa» proseguiva Renzi. «L’Europa può andare al rinnovo degli organi solo con una discussione sui nomi. Abbiamo la lungimiranza e l’orgoglio di dire che il nostro modello vuole cambiare le regole ma anche modificare l’impostazione stessa dell’Europa?» si chiedeva il premier.
Ma Renzi ne aveva anche per l’opposizione: «In tre anni hanno preso tre capoluoghi di provincia. Mancano centocinque anni i Cinque stelle e avranno in mano l’Italia. Basta avere un po’ di pazienza e toccherà a loro».
Poi ritornava ad un tema a lui caro: «Non è più immaginabile l’idea di un’esperienza politica che si fa per tutta la vita. Lo dico innanzitutto a me». Così Matteo Renzi all’assemblea Pd. «Tutti noi nuova generazione dobbiamo avere il coraggio di dirci che la politica non si può fare per la vita: si deve provare l’ebbrezza di fare altre cose. Non è più tempo di politica per sempre».
Presidenza del partito
Renzi successivamente ha ufficializzato la proposta di nominare Matteo Orfini, leader della componente di minoranza del partito dei cosidetti «Giovani turchi», a presidente del Partito, confermando Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani a vicesegretari del partito. Una scelta che agitava tuttavia le componenti dei democratici. A quanto si apprende da fonti di partito infatti , stanotte quando Matteo Renzi e Lorenzo Guerini a palazzo Chigi hanno affrontato il nodo presidenza, al telefono Gianni Cuperlo avrebbe indicato Nicola Zingaretti come candidato unitario. Anche lo stesso Orfini, dicono le stesse fonti, avrebbe detto ai renziani che quella del governatore del Lazio era la candidatura più condivisa. Ma alla fine Renzi, ha preferito Orfini a Zingaretti. Una ricostruzione, occorre dirlo, smentita poi ufficialmente dal Pd.
Civati verso l’astensione
Matteo Orfini nuovo presidente? «Credo che mi asterrò» essendo in disaccordo con «i metodi utilizzati» per scelte come questa «sulla base di una decisione che la maggioranza prende sentendo una porzione minima della minoranza» afferma Pippo Civati, leader di una delle minoranze interne, rispondendo ai cronisti a margine dell’assemblea nazionale Pd. «Mi pare che sia stato Renzi a voler creare un po’ questo clima di terrore, secondo me sbagliando perché questo risultato rotondo appartiene a tutti» ha poi aggiunto Civati. «La questione di Mineo ha assunto toni scandalosi. La riforma del Senato è una questione delicata e va sottoposta all’attenzione di tutti, non discussa in una riunione dai toni molto prepotenti. C’è un po’ di imbarazzo per i metodi – spiega Civati – bisogna abbassare i toni». Sulla questione, invece, di nuovi gruppi autonomi a Palazzo Madama il deputato Democratico non ha dubbi: «Li sconsiglio vivamente».
Fassina critico
«Orfini è un dirigente di primissima qualità ma non mi sembra risponda ai criteri di un figura superpartes», afferma invece un altro esponente della minoranza come Stefano Fassina, in merito all’indicazione di Matteo Orfini come nuovo presidente del Pd sottolineando come si debba «parlare prima di criteri e poi di nomine».
La preoccupazione di Mineo
Poi la parola passa anche al senatore dello scandalo, ovvero Corradino Mineo: «Sono preoccupato, si è usato un metodo sbrigativo di affrontare la questione». Mineo tuttavia, sottolinea come «l’unità del partito non sia a rischio, soprattutto se si discute bene». Mineo aggiunge quindi che Renzi ha usato «un modo troppo sbrigativo, anche personalizzando, questioni che riguardano tutti. Noi non difendiamo la casta».
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