Rivoluzione Ior, il Vaticano smette di essere ‘Paradiso Fiscale’: “Conti correnti solo a chi ha già pagato le tasse”
I clienti dello Ior nel prossimo futuro dovranno tutti dimostrare di pagare le tasse nei propri paesi d’origine, a cominciare dall’Italia .«Questo è un percorso che abbiamo iniziato insieme con i nostri clienti». Lo Ior,insomma, non funzionerà più da paradiso fiscale. Ad annunciarlo al Corriere è il presidente uscente dello Ior, Ernst von Freyberg . Nel suo ufficio del Torrione di Niccolò V, Freyberg arriva disteso e sorridente e comincia con un sonoro «Sono contento!», anche se oggi verrà ufficialmente annunciato dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria dell’Economia, che il finanziere francese Jean-Baptiste de Franssu lo sostituirà alla guida della cosiddetta banca vaticana.
2600 conti dormienti e 755 laici
Ieri l’Istituto ha presentato il suo bilancio. Nel 2013 lo Ior ha conseguito un utile netto di soli 2,9 milioni di euro, contro gli 86,6 milioni dell’esercizio precedente, con una diminuzione quindi di 83,7 milioni di euro rispetto al 2012. Nonostante questo, lo Ior contribuisce quest’anno per 54 milioni di euro al budget della Santa Sede. Però si tratta di denaro accantonato in gran parte l’anno precedente (circa 36 milioni). A conclusione dello screening dei conti, lo Ior ha chiuso i rapporti con circa 3.355 clienti. Si tratta di circa 2.600 conti non più operativi («dormienti») e 755 appartenenti alle categorie di persone non più autorizzate dal consiglio di amministrazione (i cosiddetti conti «laici»). Con 396 clienti i conti sono già cessati, e si è determinato un deflusso di fondi per un totale di 44 milioni circa, di cui 37,1 milioni sono stati trasferiti a mezzo bonifico a istituzioni finanziarie con sede in paesi con giurisdizioni che garantiscono la tracciabilità dei fondi. E ben l’88% è stato destinato a istituzioni italiane, quindi i soldi appartenevano a clienti italiani. Ciò vuol dire che potrebbero essere stati chiusi circa 360 conti «laici» di personalità italiane. Per i rimanenti 359 (ancora da chiudere) le procedure sono ancora in corso.
La fine di un’epoca
Freyberg lascia dopo appena 17 mesi. «Certamente, è stato un onore servire qui, servire il Santo Padre, se mi chiede se lo rifarei, rispondo: certamente» . Poi spiega perché: «In questi mesi è stata scritta una bella storia, ed è stato percorso un bel cammino. Abbiamo offerto al Papa la possibilità di non avere soltanto un’unica opzione, cioè quella di chiudere lo Ior. E, infatti, ad aprile,il Papa ha deciso che lo Ior va avanti. Questo grazie anche al nostro impegno». Secondo Freyberg «la reputazione non può mai essere migliore dei fatti», e per far capire aggiunge: «Abbiamo conosciuto la nostra clientela, abbiamo chiuso i conti di persone che in base alla decisione del consiglio d’amministrazione non ne avevano più diritto, abbiamo fatto indagini,abbiamo fatto 200 segnalazioni di operazioni sospette. Oggi sappiamo che non ci sono conti cifrati e non c’è il “nero” delle grandi famiglie italiane. D’ora in poi,insomma, lo Ior sarà molto meno interessante per i giornali. Diventerà più noioso». Infine la questione dei costi della trasparenza: quanto è costata Promontory? Cioè la società americana che ha revisionato tutti i conti? Per la prima volta svela il mistero: «E’ costata 8,3 milioni di euro.Ma non ha fatto consulenza, ha svolto un lavoro che per vent’anni non era mai stato compiuto». Poi annuncia: «Tutti i clienti in futuro dovranno pagare le tasse nei propri paesi d’origine: dovranno pagare le tasse in Italia, negli Stati Uniti, e così via. E dovranno dimostrarcelo». Un’epoca si chiude.
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