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Eternit, sentenza storica: 16 anni ai due ex manager Schmidheiny e de Cartier


Si è concluso con la condanna a 16 anni del magnate svizzero Stephan Schmidheiny e del barone belga Louis Cartier il processo Eternit. I due, entrambi ex vertici della multinazionale dell’amianto, erano accusati di disastro ambientale doloso e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche. Per loro il giudice Casalbore, dopo aver disposto la condanna a 16 anni, ha anche deciso l’interdizione dai pubblici uffici.
“Comunque vada è un processo storico”. Così aveva detto il pubblico ministero Raffaele Guariniello nell’aula a Torino in attesa della sentenza. “E’ il più grande processo nella storia e nel mondo – ha spiegato – in materia di sicurezza sul lavoro. E dimostra che un processo si può fare. Bisogna lavorare per dare giustizia e su questo abbiamo avuto aiuto da quasi tutte le istituzioni”. Secondo il magistrato “siamo di fronte a una grande ingiustizia internazionale: ci sono Paesi in cui se si tocca l’amianto bisogna farlo con lo scafandro altri in cui ancora si tocca con le mani”.
Per le 13.15 di oggi, in un’aula gremita di avvocati, giornalisti e fotoperatori, la corte presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore pronuncerà dunque la sentenza di primo grado. Nella maxi aula 1 del Palazzo di Giustizia c’è anche il procuratore capo, Gian Carlo Caselli seduto vicino al pm Guariniellio, Gianfranco Colace e Sara Panelli che in questi anni hanno sostenuto l’accusa.
Fuori dal palazzo sono in tanti ad aver raccolto l’invito a partecipare al presidio promosso dall’associazione Voci della Memoria di Casale Monferrato: ex operai della Thyssenkrupp, familiari delle vittime della strage ferroviaria di Viareggio e di quella del Moby Prince, delegazioni di lavoratori provenienti da tutta Italia e anche da oltralpe. Sui cancelli del Tribunale sono state affisse numerose foto delle vittime e decine di striscioni che in diverse lingue chiedono giustizia per i morti dell’amianto mentre un tratti di strada davanti alla struttura è stato chiuso al traffico.
Di fronte al palazzo anche un gazebo in cui l’associazione Terra del Fuoco e gli Studenti Indipendenti offrono bevande calde (il termometro poco fa segnava una temperatura di 3 gradi sotto zero nonostante la giornata soleggiata) mentre al microfono si alternano molte voci in attesa della decisione della corte. Al presidio partecipano anche diverse forze politiche, Sinistra Critica, Rifondazione Comunista e Partito Comunista oltre a una delegazione dei sindacati di base.
Sul banco degli imputati ci sono il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, 65 anni, e il 91enne belga, Louis de Cartier, che in diversi momenti hanno guidato la multinazionale dell’amianto o societaàcollegate. I due sono accusati delle morti legate alla lavorazione del pericoloso materiale nelle quattro sedi italiane della Eternit a Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). La procura torinese gli contesta i reati di disastro ambientale doloso (per l’inquinamento e la dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto) e di omissione di cautele antinfortunistiche nei quattro stabilimenti italiani dell’azienda. I fatti contestati si riferiscono a un arco di diversi decenni a partire dal 1952.
”Dopo oltre trent’anni di lotta per la giustizia-bonifica-ricerca – spiega l’Associazione famigliari e vittime dell’amianto (Afeva) – auspichiamo che questa sentenza possa offrire un grande contributo alla lotta mondiale contro l’uso dell’amianto e per la salvaguardia della salute”. Alcune migliaia i morti e i malati di di tumore individuati tra lavoratori e cittadini nell’inchiesta della procura torinese. Il processo è diventato, come sottolinea lo stesso Guariniello ”un punto di riferimento mondiale”. A confermarlo sono i numeri previsti per oggi al Palazzo di giustizia del capoluogo piemontese dove sono attese televisioni e giornalisti da tutto il mondo oltre a 160 delegazioni provenienti da Francia, Brasile, Usa, Svizzera, Grande Bretagna, Olanda e Belgio. La macchina organizzativa è partita settimane fa: 1200 i posti assicurati in Tribunale. Oltre ai 250 nell’aula dove verrà letto il dispositivo infatti, saranno videocollegate altre due aule da 250 e 700 posti con traduzione simultanea in francese e inglese. Gli studenti, circa 300, in arrivo da Casale Monferrato e Bologna invece, verranno ospitati nel vicino auditorium della Provincia di Torino. Tutti potranno ascoltare la sentenza collegandosi al sito della Provincia di Torino che la trasmetterà in diretta streaming.
Durante due anni e 66 udienze il pubblico ministero, Raffaele Guariniello, affiancato dai pm Gianfranco Colace e Sara Panelli, ha tentato di di dimostrare, attraverso testimonianze, documenti e consulenze, che la politica sulla sicurezza e sulla salute della Eternit apparteneva a un’unica regia. “Gli imputati non si sono limitati ad accettare il rischio che il disastro si verificasse e continuasse a verificarsi, ma lo hanno accettato e lo accettano ancora oggi” aveva detto Guariniello nella sua arringa finale chiedendo una condanna a 20 anni di reclusione per entrambe gli imputati per quella che aveva definito “una tragedia immane” che ”ha colpito popolazioni di lavoratori e di cittadini che continua a fare morti e si è consumata in Italia e in altre parti del mondo con una regia senza che mai nessun tribunale abbia chiamato i veri responsabili a risponderne”. ”Si addebita a Eternit – aveva aggiunto – di aver causato un disastro nei suoi stabilimenti e per la popolazione, che ancora oggi continua a verificarsi giorno dopo giorno per consapevole volonta’ dei suoi proprietari”.
I legali dei due imputati avevano chiesto per entrambe l’assoluzione per non aver commesso il fatto: secondo le difese De Cartier, dal 1971, aveva ricoperto solo ”un ruolo minoritario senza compiti operativi” mentre Schmidheiny avrebbe provveduto a fare diversi investimenti per la sicurezza dei lavoratori, in base alle conoscenze dell’epoca sull’amianto. L’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali di Schmidheiny, aveva messo in dubbio la validità stessa di un processo celebrato a più di trent’anni di distanza dai fatti contestati che lederebbe il principio di difesa perché il tempo trascorso “rende quasi impossibile – aveva detto – a chi è accusato difendersi al meglio: i documenti non si trovano, molti testimoni non ci sono più e quelli che ci sono non sono attendibili perché i fatti sono troppo lontani da ricordare”. Tra poche ore si saprà a chi la verità giudiziaria darà ragione. Milionari i risarcimenti richiesti dalle oltre 6mila parti civili: solo la Regione Piemonte ha chiesto 69 milioni di euro per il danno patrimoniale.
Al fianco di familiari e malati ci saranno come sempre l’Afeva , l’associazione Medicina Democratica, i sindacati e le istituzioni. Ci sarà anche, questione controversa nelle ultime settimane, il Comune di Casale Monferrato: dopo un tira e molla durato un mese e mezzo, i malumori e le accuse di svendere la città e i suoi morti, la giunta guidata da Giorgio Demezzi lo scorso 3 febbraio ha deciso di rifiutare l’offerta di oltre 18 milioni di euro presentata da Schmidheiny, a titolo di transazione, che avrebbe comportato il ritiro della costituzione di parte civile del Comune. L’appello a non accettare quello che molti avevano definito un ”patto con il diavolo”, era arrivato anche dal ministro alla Salute, Renato Balduzzi, che si era impegnato a trovare, insieme all’amministrazione, i soldi necessari alle bonifiche.