Ergodan eletto presidente della Turchia al primo turno: “Il paese ha scelto, continueremo a servire la nazione per migliorare la democrazia”
Recep Tayyip Ergodan è il nuovo presidente della Turchia
Secondo i calcoli della tv di Stato, Erdogan ha vinto con il 51,95% per cento dei voti e il 98 per cento delle sezioni scrutinate. L’affluenza è stata del 76,6 per cento. Superando quota 50, Erdogan ha vinto senza dover ricorrere al ballottaggio. Più indietro, il principale candidato dell’ opposizione, Ekmeleddin Ihsanoglu, che con il 38,34 per cento ha già ammesso la sconfitta. Terzo il candidato curdo Selahattin Demirtas, fermo al 9,71%. Si tratta della prima elezione diretta del presidente turco. Precedentemente, era il parlamento ad eleggere il Capo dello stato, come è successo con il presidente uscente, Abdullah Gül.
Il primo commento ufficiale di Erdogan è stato: “Il paese ha scelto, continueremo a servire la nazione per migliorare la democrazia”, aggiungendo che rilascerà altre dichiarazioni solo a conteggio terminato. Come riporta il sito di Hurriyet, uno dei principali quotidiani del paese, il premier e neopresidente ha lasciato la sua casa di Istanbul per spostarsi nella capitale Ankara. Prima di prendere l’aereo, però, Erdogan ha fatto una piccola sosta all moschea Eyüp Sultan, luogo di pellegrinaggio dei musulmani, dove terrà una preghiera simbolica come ringraziamento per la sua vittoria alle elezioni presidenziali. La moschea Eyüp Sultan era la prima fermata per i sultani ottomani e per i califfi prima di ascendere ufficialmente al trono.
Le prime parole dopo la vittoria
Dal balcone della sede del suo partito, Erdogan ha annunciato un periodo di riconciliazione sociale: “Oggi non è stato Recep Tayyip Erdogan che ha vinto queste elezioni, è stata la volontà delle azione, la democrazia, a vincere: Stiamo chiudendo un’era per procedere ad una nuova. Lo dico con il cuore in mano. Diamo il via oggi ad un periodo di riconciliazione sociale e lasciamo le vecchie divergenze alla vecchia Turchia”.
Sondaggi tutti favorevoli
Il premier era il superfavorito nella corsa a tre per la poltrona di Gül, che non poteva candidarsi per vincoli costituzionali. Per la stessa ragione Erdogan non poteva ricandidarsi per la terza volta come premier. Il “sultano”, come lo chiamano i suoi detrattori, nei sondaggi degli ultimi due mesi ha sempre sfondato la soglia del 50 per cento delle preferenze di voto per essere eletto direttamente al primo turno. Il partito islamista Akp di Erdogan ha già predisposto i festeggiamenti per stasera per l’ingresso del premier a Palazzo Cankaya, l’edificio presidenziale costruito quasi un secolo fa per il fondatore della repubblica turca Mustafa Kemal Ataturk. Erdogan sarà presidente per un mandato di 5 anni, rinnovabile una sola volta.
Le conseguenze del voto
L’elezione di Erdogan alla presidenza porta con sé anche il sicuro anticipo delle elezioni parlamentari, attualmente fissate per il giugno del 2015, visto che dovrà lasciare la poltrona di premier per quello che i suoi critici hanno definito “putinismo” (Putin e Medvedev si sono scambiati più volte i posti di presidente e premier). L’Akp dovrebbe a quel punto scegliere un nuovo leader e un nuovo capo del governo. E con la vittoria annunciata di Erdogan, la Turchia si prepara, sottolineano alcuni analisti, a un cambiamento di volto e di regime. Da un sistema parlamentare a un potere presidenziale ‘putiniano’, da un assetto istituzionale laico ereditato da Mustafa Kemal Ataturk, fondatore nel 1923 della repubblica turca moderna sulle rovine dell’impero ottomano, a una linea islamica e autoritaria.
L’immunità per Erdogan
Erdogan, del resto, non ha fatto misteri che l’obiettivo del suo mandato sarà trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale dopo le legislative del 2015. Al momento non può perché non non dispone dei due terzi del Parlamento. In ogni caso da presidente, Erdogan otterrà – secondo i suoi denigratori – la cosa che al momento gli sta più a cuore: l’immunita presidenziale che lo metterà al riparo dalle indagini in corso per presunte storie di corruzione che hanno visto coinvolti suoi ministri, dimissionati, ed anche il figlio intercettato.
Le promesse del “sultano”
Erdogan ha parlato oggi alla vigilia del voto, dicendo che “una Turchia forte rinascerà domani dalle sue ceneri”. Il premier non ha nascosto di volere dare un regime presidenziale al paese, sfruttando pienamente tutti i poteri che la costituzione conferisce al capo dello stato, e la legittimità che la prima elezione a suffragio universale diretto attribuirà al prescelto. “Domani”, ha detto Erdogan, “eleggerete il presidente del popolo”. Per Erdogan è l’ottavo trionfo elettorale consecutivo, raggiunto nonostante gli scandali (come quello relativo alla corruzione che ha sconvolto il suo governo) e le proteste di piazza (quelle di Gezi Park che hanno scosso il paese la scorsa estate).
Chi è Recep Tayyip Erdogan
Oratore di talento, cresciuto in un quartiere difficile di Istanbul, Erdogan è alla guida del Partito per la giustizia e lo sviluppo (l’Akp), di base islamica ma fortemente radicato nella popolazione. Storico sindaco di Istanbul, la città più “occidentale” del Paese, il suo vantaggio rispetto agli avversari è l’aver saputo trasmettere l’idea che sia suo il merito del grande boom economico vissuto dalla Turchia. Erdogan ha voluto rafforzare la figura del presidente, utilizzando anche dei poteri già previsti dalla costituzione come quello di partecipare alle riunioni del Governo. Il premier ha ampliato il suo concenso portando sviluppo e prosperità nelle parti più arretrate del Paese, allargando il sistema sanitario. L’economia viaggia a ritmi di crescita ‘cinesi’, la Turchia è la 17ma potenza economica del mondo, il reddito procapite triplica. Negli ultimi tempi, si è distinto anche per alcune aperture ai curdi, minoranza spesso vessata dal governo centrale.
Le accuse al “nuovo Sultano”
Ma Erdogan è stato anche duramente criticato per la sua parzialità, il populismo e, anno dopo anno, per un islamismo sempre più accentuato che ha messo a dura prova i pilastri laici della Turchia, soprattutto per quanto riguarda i diritti delle donne. Anche in politica estera, Erdogan ha attirando critiche: ha sposato la causa delle primavere arabe, rotto con Israele, flirtato con Hamas e i Fratelli Musulmani, entrato nell’asse sunnita con Qatar, Egitto e Arabia Saudita. In casa, invece, secondo i suoi detrattori, ha mostrato sempre più tendenze autoritarie e ha un dato giro di vite ai media, vietando, anche se temporaneamente, Twitter e YouTube. Molti temono che possa imporre progressivamente caratteristiche religiose ai costumi in un Paese che si è vantato delle sue radici laiche.
Gli altri candidati: Ekmeleddin Ihsanoglu
Ihsanoglu, 70 anni, è uno scienziato e accademico moderato che ha ricoperto l’incarico di segretario generale dell’Organizzazione della cooperazione Islamica dal 2004 al 2014. Ha il sostegno di circa una dozzina di partiti di opposizione tra cui il Partito repubblicano del popolo di centro-sinistra e il Partito del movimento nazionalista dal centro destra. Ihsanoglu ha concentrato la sua campagna sull’unità e l’inclusività, promettendo di essere il presidente di tutti i turchi. Sa parlare arabo, inglese e francese, è nato e cresciuto al Cairo (un fatto che Erdogan ha tentato di sfruttare per mettere in dubbio la sua origine turca). Ihsanoglu ha goduto di meno risorse finanziarie e di una minore esposizione mediatica rispetto a Erdogan, e il suo arrivo sulla scena politica turca è stato rappresentato come l’arrivo di un illustre sconosciuto. Uomo religioso e laico al momento giusto, è considerato come l’opzione migliore per attirare una larga fetta di elettori, compresi i delusi dell’Akp.
Saleddin Demirtas
Giovane e ambizioso politico curdo, Demirtas dirige il Partito democratico popolare, formazione di sinistra. Avvocato di professione, ha animato gruppi per i diritti umani nella regione curda della Turchia e ha iniziato la sua carriera politica nel 2007. Ha concentrato la sua campagna sul sostegno alla causa dei perseguitati, dei poveri, dei giovani e delle classi lavoratrici. Anche se dovesse arrivare terzo, Demirtas ha già ottenuto grande successo, portando le questioni dei diritti curdi sulla scena politica nazionale, secondo quanto spiegano gli analisti.
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