Primarie centrosinistra, in Veneto la candidata Moretti prende il 66%: “La battaglia inizia adesso. E in bocca al lupo a Zaia”
«La battaglia inizia adesso. E in bocca al lupo a Zaia». Alessandra «Ale» Moretti ha vinto le primarie del centrosinistra e si prepara alla sfida più difficile della sua fulminante carriera politica: sconfiggere Luca Zaia, il campionissimo del centrodestra, alle elezioni Regionali della prossima primavera. Sarà una lunga marcia, difficile per lei che ha caratteristiche da sprinter: fino a due anni fa era la sconosciuta vicesindaco di Vicenza, cresciuta all’ombra di Achille Variati (che, ironia della sorte, è stato a lungo in lizza proprio per la candidatura a governatore), poi nel giro di un paio di elezioni, grazie alla notorietà conquistata con l’inaspettata nomina a portavoce di Bersani alle primarie del 2012, è assurta alla Camera dei deputati e all’europarlamento di Strasburgo, trascinata dai salotti tivù ma pure da un cospicuo bottino di preferenze (230 mila preferenze, la seconda più votata in Italia). E uno sprint, a ben vedere, lo sono state anche queste primarie, che il Pd ha tentato in tutti i modi di evitare, ben sapendo che in molti casi sono il modo migliore per farsi del male (Emilia Romagna docet). Annunciate in tutta fretta, si sono consumate in un mese appena e i pronostici della vigilia erano tutti per lei, «la Ale».
Alla fine, il risultato è appena sotto le aspettative della vigilia: 66%, quando i bookmaker ad inizio corsa la davano sopra il 70%. Tutta colpa di quella «testarda» di Simonetta Rubinato, la deputata trevigiana che nonostante gli appelli contro da parte un po’ di tutti (parlamentari, consiglieri regionali, amministratori: l’unica big ad essersi schierata con lei è stata la senatrice Laura Puppato), alla fine conquista un 30% che fa morale e perfino azzardare: «Anche un certo Renzi al primo tentativo finì sconfitto…». Il terzo incomodo, il consigliere regionale padovano Antonino Pipitone, si ferma al 4%, una percentuale che se non altro ha il pregio di smentire chi dice che l’Italia dei Valori è scomparsa dalla faccia della Terra (anche se il risultato è certo merito più dell’uomo che del partito). Moretti ha rischiato di pagar caro una serie eccezionale di gaffes e uscite a gamba tesa (da LadyLike alle famiglie cattoliche), frutto di qualche ingenuità, di un pizzico di presunzione ma anche dell’attenzione spasmodica di media, social media e social network, pronti a sezionare ogni sua minima dichiarazione come non accade con nessun altro politico a queste latitudine, con l’eccezione forse proprio di Luca Zaia. Ma alla fine le è andata bene.
Ha ottenuto percentuali bulgare a Verona (77%) e Rovigo (79%) mentre nella «sua» Vicenza si è fermata al 73%, numero di assoluto rispetto ma leggermente sotto le attese. Rubinato ha vinto di misura a Treviso, la sua Provincia (50%, scarto di 200 voti), facendo un super cappotto a Roncade, la cittadina di cui è stata sindaco per dieci anni (oltre il 90%), ma è andata bene anche a Belluno (33%) e a Venezia (30%). Conferma la regola del feudo pure Pipitone, che piazza un 10% a Padova con punte del 15% nel capoluogo. Detto che la vincitrice era annunciata praticamente dal giorno del deposito delle candidature, la domanda da un milione di dollari era: quanta gente andrà a votare?
Moretti ne uscirà come un candidato dimezzato? I militanti, lo hanno detto in ogni sede e senza tanti fronzoli, non erano per nulla entusiasti: raccontano che la Cgil abbia dato indicazione ai suoi iscritti di disertare le urne, mentre sono fatti acclarati l’ammutinamento della sezione di Anguillara, nel Padovano, che si è rifiutata di allestire il seggio visto che «i giochi erano già fatti», e il «gran rifiuto» degli elettori di Castelfranco, che ai gazebo hanno ritirato la scheda per le primarie del Comune, rispedendo al mittente quella per le Regionali.
L’affluenza, fatti due conti, è stata buona anche se non eccezionale: dipende dal dato con cui la si raffronta. Hanno votato in 39.619. Il doppio degli iscritti al Pd (20.600), e nel partito molti fanno notare che nell’Emilia tragica hanno votato sì in 50 mila ma con 60 mila iscritti. Ma comunque è un bagno di sangue se si confronta il dato con le primarie Renzi-Bersani del 2012 (170 mila persone) o con quelle per la scelta dei parlamentari nel 2013 (100 mila). Il segretario Roger De Menech è soddisfatto: «Lo spettro dell’Emilia è superato». Per sconfiggere il vero spauracchio, Luca Zaia, certo dovranno darsi molto, molto più da fare.
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