Dopo-Napolitano, Renzi: “Il nuovo Presidente deve essere eletto da una alleanza ampia. Nessuno ha diritto di veto. Nemmeno il Pd”
“Non c’è nessun patto preventivo sul Quirinale tra Pd e Fi, il Patto del Nazareno è stato siglato un anno fa quando le dimissioni di Napolitano non erano in agenda. Non è il patto del mago Otelma”. Matteo Renzi gela le attese di Silvio Berlusconi, che insiste nel chiedere un nome condiviso e di ‘garanzia’ per il Colle, considerando questo passaggio parte integrante del Patto del Nazareno. Niente affatto, ribatte il premier, anche se questo non cambia l’auspicio che “nella maggioranza ampia che dovrà eleggere il nuovo garante dell’unità nazionale ci siano più partiti possibili”, quindi anche Fi. Poi in serata, ospite da Fabio Fazio, il premier chiarisce l’identikit del candidato e spiega che nessuno è in condizioni di porre veti: “Non so quello che avverrà, ma deve essere un processo sereno, tranquillo, semplice, chiaro. Il Presidente della Repubblica è un garante, deve essere una persona di grande saggezza e equilibrio, eletto da una alleanza ampia, dovrebbe votarlo dai grillini a Fi a Sel, ma nessuno, nemmeno il Pd, ha diritto di veto”. Del resto per Renzi “Berlusconi è stato decisivo nel votare convintamente nel 1999 Ciampi e nel 2013 Napolitano” e non c’e’ “nessun motivo per cui dovrebbe star fuori stavolta”. Il premier insomma conferma di voler tenere in partita anche il Cavaliere, magari proponendo un nome di garanzia che non risulti indigesto alle truppe azzurre, divise al loro interno. Alla corsa per il Quirinale, infatti, i principali partiti (Pd e Fi, ma anche Ncd) si presentano senza che i loro rispettivi leader (Renzi, Berlusconi ed Alfano) abbiano in tasca il pieno controllo dei propri grandi elettori. Un dato che influenzerà i giochi.
Intanto, con buona pace della intenzione da tutti proclamata di mettersi ai blocchi di partenza per la corsa al Quirinale senza fare nomi, il totopresidente impazza anche in questa domenica prenatalizia. Su quello di Romano Prodi, per esempio, buttato in pista da Nichi Vendola per verificare le intenzioni del premier, Matteo Renzi per ora si divincola così: “Oggi chi fa nomi li vuole solo bruciare”. E rende la pariglia al leader Sel, andando a ripescare nel passato: “Quando penso a ciò che sarebbe potuto accadere se solo nel ’98 Vendola ed i suoi, con una parte dei nostri, non avessero mandato a casa Prodi…”. “E’ evidente l’imbarazzo di Renzi davanti alla proposta di Vendola”, provoca però il capogruppo Sel alla Camera Arturo Scotto. Ma con l’amarcord di Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, si rilancia il nome del Professore: “Io lo avevo votato nel 2013, penso che sia una persona di grandissima qualità e non avrei alcun problema a rivotarlo…”. Prodi è un nome che torna, dopo essere stato affossato dai 101 franchi tiratori del Pd nel 2013, e che potrebbe raccogliere anche il placet dei grillini, che lo indicarono nelle loro ‘Quirinarie’ online. La fedelissima Sandra Zampa ripete ancora una volta che il Professore non è interessato. Ma di certo non lo voterebbero i leghisti, che oggi con Roberto Calderoli avvertono “cerchiamo di non tirar fuori la solita vecchia scarpa della politica” e mettono in pista i nomi di Caprotti e di Vittorio Feltri, escludendo “un presidente della sinistra”. Veti sul Pd vengono però esclusi da Pierluigi Bersani: “Noi faremo da pivot, poi ne parliamo con Grillo, Berlusconi e gli altri. Ma non è immaginabile una figura ostile ai valori della sinistra”. “Niente stravaganze – suggerisce Bersani -, niente soluzioni che abbiano il carattere della partigianeria. Va bene un cattolico o un laico, non guasterebbe che sapesse di economia, ma serve qualcuno che sappia tenere il volante perche’ siamo ancora nelle curve. Una figura della massima autorevolezza, per bene, autonoma e fedele solo alla Costituzione”. Dall’ex segretario del Pd arriva poi un monito al premier, che per alcuni non vorrebbe una figura forte al Quirinale: “Renzi e’ una persona intelligente e non puo’ non sapere che a guidare un Paese complesso uno solo non ce la fa. Se si comincia ad essere in due forse e’ meglio…”. Infine, sibillino accenno alla corsa al Quirinale del 2013: “Si disse che cavallo azzoppato andava eliminato. E quel cavallo ero io. Meglio essere un cavallo che un asino”, chiosa Bersani.
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