Belluno, giovane mamma riconosce suo figlio tra i miliziani dell’Isis: “Vi prego, riportatelo da me”
Biondo, proprio come Ismail. Con gli occhi grandi e scuri come i suoi. Stessa pelle molto chiara, stessa età, almeno all’apparenza, e labbra identiche. Lidia Solana Herrera dice che quando ha visto quella foto ha «sentito il cuore battere più forte. Credo proprio che sia mio figlio – si è convinta -. È uguale. Vi prego, riportatelo da me».
Intervistata giovedì da AnnoUno, su La7, Lidia ha riconosciuto il suo Ismail in un’immagine un po’ sfuocata diffusa via Internet da un sito jihadista e mostrata nel corso della trasmissione. Il piccolo, tre anni, porta una felpa nera col cappuccio e ha sulla fronte la fascia dei combattenti dell’Isis. Questo era il destino immaginato e voluto per lui da suo padre, Ismar Mesinovic, che a novembre dell’anno scorso aveva deciso di lasciare Longarone (Belluno), dove si guadagnava da vivere come imbianchino, per diventare un miliziano. Al suo bambino, aveva deciso Ismar, sarebbe toccata la stessa sorte. Qualche mese dopo il rapimento, da Internet è venuta a galla una fotografia che mostrava l’imbianchino morto. Nessuna traccia del bimbo. Soltanto qualche messaggio, recapitato ai parenti bosniaci di Ismar, per far sapere a Lidia che il piccolo sta bene. L’ultimo sms mercoledì scorso, partito dall’amico macedone di Ismar, Munifer Kalameleski, che come lui ha lasciato la provincia di Belluno (Chies D’Alpago) per unirsi ai combattenti. «Ismail sta bene» diceva quel messaggio annotato, come tutto il resto, dai carabinieri del Ros di Padova che indagano sulla rete dei reclutatori della Jihad in Veneto: fondamentalisti islamici attivi soprattutto nelle provincie di Belluno e Treviso per arruolare aspiranti martiri nella guerra santa pronti a partire per i territori controllati dal Califfo tra la Siria e l’Iraq.
In mezzo a tutto questo c’è Ismail
Con la sua felpina nera e la faccia seria, per nulla divertita né quando compare a cavallo della motocicletta assieme a un miliziano dell’Isis, cioè nella foto in cui sua madre lo ha riconosciuto, né quando imbraccia un mitra (apparentemente giocattolo) camminando per mano a un combattente come nell’immagine pubblicata ieri in prima pagina dal Corriere del Veneto .
È su questa seconda fotografia che si concentra ora l’attenzione del Ros di Padova. L’immagine, ritenuta autentica e sulla quale sono ancora in corso accertamenti, è stata scovata due giorni fa in una galleria fotografica, su un sito jihadista, accanto a quella della motocicletta e all’altra del padre di Ismail morto. I volti e i dettagli sono molto nitidi e il bambino sembra in tutto e per tutto identico all’Ismail riconosciuto da Lidia. Gli stessi carabinieri del Ros – che avrebbero individuato la zona dove si trova il piccolo – ritengono «più che verosimile» che si tratti dello stesso bambino.
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