Pubblico Impiego, il Governo corre ai ripari dopo le assenze record per malattia a Roma il 31 dicembre
La malattia di massa dei Vigili romani nella notte di Capodanno ha dato la spinta finale: il governo modificherà le norme del lavoro nel pubblico impiego, come già previsto dalla legge delega Madia che riprenderà il suo iter a febbraio. Il piano passerà attraverso un emendamento dell’esecutivo che potenzierà i controlli sui certificati medici del settore pubblico affidandoli all’Inps (oggi ci pensano le Asl). Allo stesso tempo ogni singola amministrazione dovrà dotarsi di Commissioni ad hoc per valutare il comportamento dei dipendenti e decidere sull’eventuale licenziamento evitando così possibili personalizzazioni – abusi e ripicche per esempio – da parte dei dirigenti.
Ciò farà sì che nel lavoro pubblico il licenziamento per scarso rendimento diventi più facile: in teoria già oggi è possibile praticarlo, ma le regole fissate sono rimaste sulla carta. Il nuovo corso era stato annunciato da Renzi nella conferenza stampa di fine anno (“i fannulloni del settore pubblico vanno puniti”, aveva detto), ma i fatti di cronaca hanno accelerato l’intenzione. Ora il governo pensa ad un emendamento da presentare alla legge Madia che da un lato potenzi le norme già previste dalla legge Brunetta e dall’altro intervenga radicalmente sui controlli dei certificati medici. “Bisognerebbe affidarli all’Inps, otterremmo una qualità migliore e risparmieremmo “, ha detto il premier Renzi ai suoi.
Di fatti il caso dei Vigili e degli autisti Atac a Roma è solo la punta di un iceberg. Da quanto risulterebbe ai tecnici di Palazzo Chigi, fra il 2012 e il 2013 il numero complessivo di certificati di malattia, nel settore pubblico, è aumentato del 27%. Svanito l’effetto Brunetta, che sulla salute cagionevole dei dipendenti pubblici aveva centrato la sua battaglia (il governo Berlusconi di cui era ministro della Funzione pubblica è caduto nel novembre 2011), le assenze sono lievitate. Il controllo dei certificati medici è un problema: oggi, per quanto riguarda i lavoratori statali, sono affidati alle Asl. L’Inps valuta solo quelli dei dipendenti privati per un costo annuo di 25 milioni. Secondo i dati del governo, le Asl controllano certificati “pubblici” per un costo che arriva ai 70 milioni, ma sono la metà di quelli visti dall’Inps: affidare all’istituto anche la verifica della parte pubblica permetterebbe di migliorare la qualità delle indagini (l’istituto ha anche un sistema informatico d’avanguardia) e di risparmiare 60 milioni.
Una rivoluzione del genere, in realtà, potrebbe presentare qualche problema, visto che solo qualche mese fa l’istituto di previdenza si lamentava del taglio di risorse pubbliche praticato dal governo ri- guardo alle visite fiscali (oggi i medici convenzionati e autorizzati a farle sono circa 1.500 e sono pagati secondo un preciso capitolato), ma la svolta è assicurata. E verifiche dei certificati a parte, il potenziamento dei controlli passerebbe anche attraverso interventi nella governance delle singole amministrazioni prevedendo Commissioni di valutazione che garantiscano l’imparzialità delle decisioni (la stessa riforma Madia già affida a una Commissione le valutazione sul merito e sul licenziamento dei dirigenti).
Oggi infatti il licenziamento per scarso rendimento nel settore pubblico è previsto dalla riforma Brunetta del 2009. La legge però è poco applicata, visto che tutta la partita riguardante la produttività del pubblico impiego doveva andare di pari passo con un rinnovo dei contratti pubblici che non c’è mai stato (le buste paga degli statali sono ferme da anni e continueranno ad esserlo anche nel 2015). Se si dimostra la parzialità del giudizio, cosa non troppo difficile a farsi, il licenziamento è considerato illegittimo e il reintegro sul posto di lavoro pubblico è assicurato.
“E’ impensabile che la decisione di licenziare un dipendente pubblico possa essere affidata ad un dirigente – afferma Filippo Taddei, responsabile economico del Pd – Ciò non avviene nemmeno nei sistemi di amministrazione pubblica più verticalizzati, come quello francese”. Ma “il governo non avrà timidezze nel riformare il pubblico impiego, pur collocando gli interventi nel giusto ambito: quella della più complessa riforma Madia”. Una riforma che per Taddei ha due obiettivi: “Facilitare la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione senza prevedere licenziamenti, ma ricollocando i dipendenti negli uffici dove ci sarà più bisogno, e garantire sanzioni chiare e certe contro i disservizi e gli inadempimenti degli obblighi contrattuali. Ci sono stati casi in cui sono stati riammessi al lavoro dipendenti che avevano compiuto reati: ciò non dovrà più essere possibile. Dovrà essere garantita la sanzione, come il riconoscimento del merito”.
In teoria per definire l’articolo 13 della legge delega Madia (che prevede il riordino della disciplina dei dipendenti pubblici) il governo avrebbe 24 mesi di tempo. Palazzo Chigi già aveva detto di voler procedere in fretta, il caso Roma ha accelerato i tempi.
Social