Arizona, dopo 65 operazioni il piccolo Emmett Rauch torna a respirare. Aveva ingoiato una batteria
Sessantacinque operazioni nell’arco di quattro anni. Il piccolo Emmett Rauch ha visto la morte in faccia molte volte, sin dal primo anno d’età. Tutta colpa di una batteria a bottone, che aveva ingoiato senza che i genitori se ne accorgessero. Ma oggi, dopo un calvario che avrebbe stroncato anche il più coraggioso e forte adulto, Emmett respira, mangia e parla normalmente. E ha cominciato il 2015 con un regalo: i medici gli hanno permesso di entrare nella squadra di calcio del suo asilo.
Michael e Karla Rauch hanno vissuto momenti terribili in questi anni, e molto spesso hanno temuto che il loro bambino non ce l’avrebbe fatta. Oggi che l’hanno di nuovo a casa, ansioso di indossare la divisa di calciatore, ricordano: “Stargli accanto, guardarlo mentre si batteva per vivere è stata un’esperienza commovente, che ci ha insegnato l’umiltà”.
I coniugi Rauch hanno scoperto ben presto quanto poco il mondo sapesse dei rischi che le piccole batterie a bottone possono rappresentare per i bambini. E proprio per evitare che altre famiglie debbano soffrire quel che hanno sofferto loro, hanno creato una fondazione che collabora con la Consumer Product Safety Commission del governo federale per insegnare come evitare simili crisi. Nei quattro anni che hanno trascorso fra terapia intensiva, pronto soccorso, ospedali, sale operatorie, i Rauch hanno cercato di fare del loro meglio per aiutare altri genitori. Nella loro scrivania conservano lettere di ringraziamento di famiglie di ogni angolo del mondo, dall’India all’Argentina: “Siamo grati che questa esperienza abbia avuto come ricaduta anche qualcosa di positivo – dice Karla Rauch -: ha contribuito e contribuirà a salvare la vita di altri bambini”.
Se avete un bambino e non ci pensate due volte a dargli in mano le chiavi dell’auto con il comando a distanza, non fatelo più. Se gli lasciate in mano il telecomando della tv o altri comandi, ma anche minicalcolatori, candele decorative elettriche, insomma qualsiasi apparecchio azionato da queste batterie, almeno assicuratevi che lo scomparto che le contiene sia fermamente sigillato, possibilmente con del nastro adesivo di tipo industriale. Ma sarebbe meglio tenere tutti questi aggeggi lontano dalla bocca di un bambino, e assicurarsi che le batterie siano sotto chiave.
La tragedia per i coniugi Rauch cominciò poco dopo il primo compleanno di Emmett: “Cominciò a tossire, e il pediatra ci disse che probabilmente era un raffreddore”. Dopo due giorni però, il bambino non riusciva a mangiare e cominciò a tossire sangue. Da qui la corsa di Michael e Karla all’emergency room dell’ospedale pediatrico di Phoenix (Arizona), e la radiogarfia che doveva cambiare il loro mondo: una batteria a bottone era incassata nell’esofago del bambino. Un primo intervento di tre ore rivelò ai chirurghi che l’esofago del piccolo era stato distrutto “come se ci fosse esploso un petardo”. Davanti ai genitori sconvolti, i medici spiegarono che bisognava tentare di ricostruirgli non solo il tubo digerente, ma anche le corde vocali. Quel primo anno, Emmett rimase in terapia intensiva per otto mesi, tra un’operazione e l’altra. Ne subì 13 in meno di un anno. E non tutte andarono bene: il tentativo di ricostruirgli l’esofago usando metà dello stomaco, ad esempio, fallì.
Fu allora che Emmett venne trasferito a Cincinnati, dove i chirughi pediatrici si erano detti pronti a rischiare un’operazione estrema: tentare la ricostruzione dell’esofago con una parte del colon. “E’ stata la prova più dura e più lunga – ricorda la mamma -. Anche mentre Emmett era tenuto in coma artificiale, gli stavamo accanto, gli parlavamo, gli dicevamo di resistere e di farsi forza, che eravamo con lui e che un giorno avrebbe potuto giocare a calcio, come sognava”.
Pochi giorni fa, i medici hanno tolto al piccolo la cannula tracheostomica. Dopo quattro anni e 65 interventi chirurgici, Emmett può respirare da solo. E’ tornato a casa, e potrà vivere una vita quasi del tutto normale, anche se ha uno stomaco più piccolo del normale e la sua voce non è esattamente argentina. Ma i medici hanno dato il via libera al suo ritorno a scuola e anche al calcio. “Non osavamo sperare di rivederlo ridere, parlare, giocare. Anche nei momenti più ottimisti, i medici ci dicevano di non illuderci troppo, che il calvario sarebbe durato almeno dieci anni” confessa il padre. E aggiunge: “ Ma Emmett è un bambino con una grande forza di volontà e un carattere pieno di gioia. E poi aveva questo grande sogno di giocare al calcio. Credo che lo abbia aiutato a superare i momenti più difficili”.
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