Riforme, scoppia la rissa tra i deputati di Sel e quelli del Pd nella seduta notturna alla Camera. Salta l’accordo tra il M5S e i Dem
Sempre più incandescente il clima tra opposizione e maggioranza alla Camera, sul disegno di legge sulle riforme costituzionali. All’indomani della rissa scoppiata in Aula per la proposta del Pd di andare avanti con una seduta fiume, giovedì sera è stato di nuovo caos. Al termine di una giornata tutta all’insegna della tensione e dello scontro, l’emiciclo di Montecitorio è stato di nuovo teatro di una vera e propria rissa: i Cinque Stelle, che chiedevano che venisse rinviata la discussione dell’articolo 15, hanno iniziato a battere i faldoni degli emendamenti sui banchi e a gridare ritmicamente «onestà, onestà». In questo clima, è scoppiata la rissa, con deputati in piedi tra i banchi e insulti: coinvolti in particolare deputati di Pd e Sel, con due parlamentari che sono finiti in infermeria, Gianni Melilla (segretario di presidenza, ferito a una mano) e Donatella Duranti (che aveva una spalla dolorante), entrambi di Sel. Il vicepresidente Roberto Giachetti è stato costretto a sospendere la seduta e a chiedere di allontanare alcuni tra gli onorevoli più facinorosi. A notte inoltrata, all’1.30, è arrivato anche Matteo Renzi, visti i mal di pancia all’interno del Pd. La minoranza ha chiesto per venerdì un’assemblea del gruppo per esprimere il «malumore» per il «pantano» in cui è finita la riforma.
Parlando da Bruxelles, dove era impegnato nel vertice dei capi di Stato e di governo dell’Eurogruppo, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha espresso rammarico per quanto accaduto nel corso della giornata. «Stupisce che ci sia chi esprime non tanto un dissenso, che sarebbe legittimo, ma che siccome ha le idee in minoranza prova a fare ostruzionismo e tentativi di blocco – ha detto il premier -. La nostra maggioranza, in ogni caso, non si blocca». Non solo: Renzi ha sottolineato l’importanza di stringere i tempi e fatto notare che «la maggioranza lavora anche di notte per portare a casa i risultati». Ma proprio la decisione di puntare su una seduta fiume ha scatenato i malumori delle opposizioni.
Il nodo del referendum
Il Movimento 5 Stelle ha provato a giocare la carta dell’accordo, proponendo al Pd di votare insieme tutto il disegno di legge di riforma costituzionale chiedendo come contropartita di accantonare l’articolo 15 che riguarda il quorum dei referendum abrogativi. «No a ricatti – ha detto però il capogruppo Pd, Roberto Speranza – no a un Parlamento sotto scacco. È inaccettabile». La risposta in aula è arrivata subito dopo la proposta del deputato 5 stelle, Riccardo Fraccaro. «Il Pd non si vuole mai sottrarre a una discussione di merito e per questo siamo stati d’accordo ad ampliare i tempi del dibattito – ha aggiunto Speranza -. La proposta di Fraccaro non la banalizziamo ma noi nel merito dei referendum la pensiamo diversamente. Io personalmente penso che il referendum senza quorum sia un errore ma ho rispetto per chi la pensa diversamente. La forza del dibattito parlamentare è di far confrontare punti di vista diversi, il Parlamento serve a discutere. Ma dico con chiarezza: no ricatti. È inaccettabile mettere sotto ricatto il Parlamento – ha sostenuto con veemenza tra i brusii – l’articolo 15 arriverà e dovrà essere oggetto di discussione. Ma intanto andiamo avanti e non teniamo sotto scacco questa Camera».
Presidenza nel mirino
Il Movimento 5 Stelle è stato il più netto a contrapporsi alla maggioranza e al governo. Ne ha fatto le spese anche la presidente di turno dell’aula di Montecitorio, Marina Sereni, duramente attaccata dal deputato Riccardo Fracaro che l’ha definita «complice di una presidenza che è succube e schiava di una maggioranza incostituzionale». Sul blog di Beppe Grillo i parlamentari pentastellati avevano poi calcato la mano: «La Costituzione viene massacrata in tutta fretta col favore delle tenebre e del Festival di Sanremo». Tre le proposte che i Cinque Stelle vorrebbero che il Pd prendesse in esame, oltre al referendum senza quorum, ci sono l’obbligo di esame delle proposte di legge di iniziativa popolare e la possibilità di consentire il ricorso davanti alla Consulta sugli atti approvati dalla Camera. Ma il confronto è fallito e il governo va avanti: l’obiettivo è arrivare a votare tutti gli articoli entro sabato e approdare al voto finale la prima settimana di marzo. Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia, ironizza: «Da seduta fiume a seduta palude, intervenga Mattarella».Caustico Matteo Salvini, segretario della Lega Nord: «Alla Camera si stanno picchiando sulla riforma della Costituzione, ma chi se ne frega di questi argomenti».
L’origine della protesta
I grillini si erano scagliati pesantemente già mercoledì sera contro il presidente della Camera Laura Boldrini, a proposito della modalità di gestione della discussione. A far scoppiare il caos è stata la richiesta del Pd, accolta favorevolmente dalla maggioranza dei deputati, di andare avanti con la seduta fiume: prima i deputati di Ncd e Lega si sono scontrati, poi i Cinque Stelle hanno iniziato a insultare il presidente Boldrini. «Aula nel caos! Renzi chiama… Boldrini risponde – scrive su Facebook il deputato M5S Alfonso Bonafede -. La mortificazione dei lavori parlamentari ha un colpevole su tutti: la presidente Boldrini. È ormai assodato, infatti, che Renzi sia totalmente privo dei concetti minimi della democrazia; il fatto veramente grave è che un presidente del consiglio che ambisce alla realizzazione di una “dittatura a norma di legge” sia servilmente assecondato dalla presidente della Camera!».
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