Tanti auguri a Ornella Muti, sessant’anni da grande bellezza
Sessant’anni da grande bellezza. Ornella Muti spegne sessanta candeline sulla torta di compleanno e lo fa, come sempre del resto, alla grande: il trascorrere inesorabile del tempo, infatti, non ha minimamente scalfito il suo innato splendore e il suo irresistibile sex appeal. Assolutamente intatto, poi, l’indiscutibile status di diva del cinema italiano, un titolo che, forse, condivide solo con Monica Bellucci.
Nata a Roma da padre napoletano e madre estone, la Muti – all’anagrafe Francesca Romana Rivelli – debutta sul grande schermo nel 1969 a soli 14 anni : a volerla è il regista Damiano Damiani, che la sceglie per il suo “La moglie più bella”, film liberamente ispirato alle vicende di Franca Viola, la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Oltre a lanciarla, la pellicola di Damiani inaugura il primo dei due filoni che, per tutti gli anni ’70 e ’80, faranno della Muti una delle attrici più importanti e richieste: quello impegnato, appunto, è costituito anche da capolavori quali “Romanzo popolare”, diretto nel 1974 da Mario Monicelli, durante le cui riprese scoprì di essere incinta della primogenita Naike, avuta dal collega Alessio Orano – ha altri due figli, Carolina e Andrea, frutto della relazione con Federico Facchinetti -, “L’ultima donna”, di Marco Ferreri, per cui recitò anche in “Storie di ordinaria follia”, ’81, e “Il futuro è donna”, ’84, “La stanza del vescovo”, ’77, di Dino Risi, al fianco dell’amico e partner professionale forse più amato, il grande Ugo Tognazzi, “Un amore di Swann”, ’83, con Alain Delon e Jeremy Irons, “Cronaca di una morte annunciata”, ’87, di Francesco Rosi, in cui condivise il set con Rupert Everett e Gianmaria Volontè e “Codice privato”, del 1988, di Citto Maselli, che le valse la vittoria di un Nastro d’argento e la nomination come migliore attrice protagonista agli “European Film Awards”, gli Oscar europei; l’altro, leggero, è rappresentato da commedie gradevoli e di successo come “Il bisbetico domato”, del 1980, primo dei due film interpretati in coppia con Adriano Cementano, con cui ha ammesso recentemente di avere avuto un flirt, “Un povero ricco”, del 1983, per la regia di Pasquale Festa Campanile e con Renato Pozzetto, “Tutta colpa del paradiso”, ’85, con Francesco Nuti, e “Io e mia sorella”, ’87, di Carlo Verdone, con cui trionfò di nuovo ai “Nastri d’argento”, segnato da una evidente corda malinconica.
Nei decenni successivi per la Muti, che nel frattempo era riuscita anche ad imporsi ad Hollywood – girò qualche pellicola, tra cui il cult fantascientifico “Flash Gordon” – le partecipazioni si diradano un po’, anche se la classe e la bravura – espresse soprattutto in lavori quali “Il viaggio di Capitan Fracassa”, 1990, per la regia di Ettore Scola, e “Domani”, 2001, diretto da Francesca Archibugi -, rimangono quelle del periodo d’oro. Molto apprezzata all’estero, – oltre a quelli americani, ha calcato i set di tanti altri Paesi – attualmente, terminate le riprese di “Checkmate”, lungometraggio del regista inglese Jason Bradbury, in cui veste i panni di una strega, ha in agenda un film con John Malkovich. Davvero niente male.
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