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Cassazione: “Prendere il cell del proprio partner per spiarlo e controllare sms è considerato rapina”

Cassazione: “Prendere il cell del proprio partner per spiarlo e controllare sms è considerato rapina”

Guai ad impossessarsi del telefonino della ex fidanzata per smascherare i tradimenti subiti. Scatta la condanna per rapina perchè ‘perquisendo’ il cellulare alla ricerca di sms compromettenti si persegue un “ingiusto profitto” anche se di natura “solo morale”. Parola di Cassazione che ha reso definitiva la condanna per rapina, oltre alla condanna per tentata violenza privata, violazione di domicilio e lesioni personali (due anni, due mesi di reclusione e 600 euro di multa) nei confronti di un 24enne di Barletta che si era impossessato del cellulare della ex fidanzata “al solo fine di fare conoscere al padre di lei gli sms che la ragazza riceveva da un altro uomo”.

Come ricostruisce la sentenza 11467 della Seconda sezione penale, l’unico intento del giovane era quello di smascherare i tradimenti della ragazza davanti al padre di lei. Secondo la difesa del ragazzo, dunque, non si poteva considerare ingiusta una pura “utilità morale”. La Suprema Corte ha dichiarato “inammissibile” il ricorso del 24enne e ha chiarito che “nel delitto di rapina sussiste l’ingiustizia del profitto quando l’agente, impossessandosi della cosa altrui (nella specie un telefonino), persegua esclusivamente un’utilità morale, consistente nel prendere cognizione dei messaggi che la persona offesa abbia ricevuto da altro soggetto, trattandosi di finalità antigiuridica in quanto, violando il diritto alla riservatezza, incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane”.

Per la Cassazione, la sottrazione del cellulare per smascherare i tradimenti “integra pienamente il requisito dell’ingiustizia del profitto morale che l’agente voleva ricavare dall’impossessamento del telefono cellulare della sua ex fidanzata. L’instaurazione di una relazione sentimentale fra due persone – ricorda la Suprema Corte – appartiene alla sfera della libertà e rientra nel diritto inviolabile all’autodeterminazione fondato sull’art. 2 della Costituzione, dal momento che non può darsi una piena ed effettiva garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (e della donna) senza che sia rispettata la sua libertà di autodeterminazione”.

Piazza Cavour ricorda ancora che “la pretesa di ‘perquisire’ il telefonino della ex alla ricerca di messaggi – dal suo punto di vista – compromettenti, assume i caratteri dell’ingiustizia manifesta proprio perchè, violando il diritto alla riservatezza, tende a comprimere la libertà di autodeterminazione della donna e si pone in prosecuzione ideale con il reato di tentata violenza privata avente ad oggetto il tentativo” del ragazzo di costringere la ex a riallacciare il rapporto di fidanzamento dalla stessa troncato”. Convalidata così la decisione della Corte d’appello di Bari del 20 novembre 2012.