Il prefetto Gabrielli alza il livello di allarme: “Segnali specifici non ci sono ma la minaccia per Roma e’ incombente”. Alla comunita’ islamica: “Deve fare una scelta di campo chiara e netta”
“Dopo gli attentati di Bruxelles i timori di essere dentro una minaccia sono reali, segnali specifici non ce ne sono, ma la minaccia è incombente. E anche noi siamo un obiettivo di questo terrorismo islamista”. Dopo gli attacchi a Bruxelles e alla vigilia della Via Crucis a Roma, il prefetto Franco Gabrielli invita a non sottovalutare la minaccia terrorista.
Quanto ai numeri delle forze dell’ordine da mettere in campo, per Gabrielli “non è realistico mettere un poliziotto o un carabiniere in ogni angolo di strada e per certi aspetti non è neanche funzionale a garantire la sicurezza. Questo tipo di terrorismo lo si combatte con la prevenzione – sottolinea – perché quando i terroristi scendono in campo possiamo soltanto limitare i danni. La presenza delle forze dell’ordine e il controllo sul territorio sono importanti però sono una condizione necessaria ma non sufficiente”.
In vista di Pasqua e della Via Crucis di domani però, Gabrielli assicura che l’attenzione è massima. “Questa mattina abbiamo fatto il punto con la Questura, l’Arma e la Guardia di Finanza, c’è un’attenzione all’altezza della situazione ma io personalmente temo più l’ordinario dello straordinario”. “Questi signori – ribadisce il prefetto di Roma – non seguono i nostri calendari, colpiscono quando sono in grado di colpire e quando sono sicuri di compiere il massimo del danno con lo sforzo minimo. E poi in una città come Roma non c’è bisogno di un evento particolare per compiere un attentato terroristico. Abbiamo la stazione Termini che movimenta ogni giorno 500mila persone, a Roma è straordinaria l’ordinarietà”.
Gabrielli si rivolge quindi alla comunità islamica, alla quale chiede una scelta di campo chiara e netta. “La comunità islamica, con la quale abbiamo continui rapporti, è doppiamente vittima di questo terrorismo islamista – afferma Gabrielli – perché anche i musulmani possono essere colpiti e perché in qualche modo, senza fare tanti giri di parole, il legame con la religione esiste”. “Chi professa una religione – ha concluso – non deve avere niente a che fare con il terrorismo, non è il tempo di dire ‘né con lo Stato né con i terroristi’, è invece il momento di compiere scelte chiare nell’interesse dell’umanità, perché non si possono fare distinguo di fronte a questa barbarie”.
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