Chiuse 146 mila aziende. Fiaccolata a Roma contro i suicidi della disperazione
Suicidi ancora in aumento nel 2010 per motivi economici, con una vittima al giorno tra chi ha perso il lavoro e una tra gli imprenditori e i lavoratori autonomi. E’ quanto emerge dal secondo rapporto Eures ‘Il suicidio in Italia al tempo della crisi’ per il quale il fenomeno colpisce soprattutto il Centro-Nord: se infatti il rischio suicidario è più alto al Nord (con la Lombardia al primo posto), al Centro è crescita record. Cresce inoltre la vulnerabilità nella fascia 45-64 anni, soprattutto tra i cosiddetti ‘esodati’.
Lo studio definisce “molto alto il rischio suicidario” nella componente della forza lavoro direttamente esposta all’impatto della crisi. I suicidi dei disoccupati sono stati infatti 362 nel 2010, superando così i 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 casi accertati in media nel triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008). Tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l’incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente).
In termini percentuali la crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente sul 39,2%, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando ancora una volta la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell’identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall’impossibilità di provvedere/partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia.
L’impatto della crisi sul mondo del lavoro non interessa soltanto il lavoro subordinato ed i ”senza lavoro”, ma investe direttamente anche l’insieme del lavoro autonomo: i dati disponibili, relativi agli ultimi due anni segnalano infatti ben 343 suicidi tra gli ”autonomi” nel 2009 e 336 nel 2010, evidenziando come molto alto risulti il rischio suicidario in questa componente della forza lavoro direttamente esposta all’impatto della crisi. Più in dettaglio nel 2010 si contano 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini.
ESODATI. Il fenomeno più rilevante è costituito dalla crescita dei suicidi nella fascia 45-64 anni (+5,8% nel 2010 rispetto al 2009 e +16,8% rispetto al 2008), una fascia particolarmente vulnerabile in termini occupazionali, ovvero di opportunità di ri-collocazione una volta perduto il lavoro. Non appare quindi fuori luogo sottolineare come nel 2010 la disoccupazione abbia colpito la popolazione della fascia 45-64 anni più delle altre, con un incremento del 12,6% (+13,3% nella fascia 45-54 anni e +10,5% in quella 55-64 anni), a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Ed è proprio in questa fascia che si concentra anche il problema dei cosiddetti ‘esodati’, ovvero di quei lavoratori usciti dal mercato del lavoro attraverso canali di protezione sociale e che l’attuale riforma Monti-Fornero del sistema pensionistico (in attesa di interventi correttivi), rischia di lasciare totalmente privi di reddito.
Consistente, tra il 2008 e il 2010, anche l’aumento dei suicidi tra gli over64 (+6,6%), nella fascia 18-24 (+6,5) e, in misura inferiore, in quella 25-44 anni (+2,3%). Più in generale si conferma la correlazione diretta tra eta’ e ”propensione al suicidio”, con un indice pari a 8,5 suicidi ogni 100 mila abitanti tra gli over64, a 6,6 nella fascia 45-64 anni, a 4,6 in quella 25-44, a 2,6 nella fascia 18-24 ed a 0,2 tra i minori.
I DATI COMPLESSIVI. Complessivamente, sottolinea Eures, dopo l’aumento dei suicidi registrato nel 2009 (+5,6% rispetto al 2008), nel 2010 la crescita del fenomeno si attesta sul +2,1%: prendendo a riferimento i numeri assoluti offerti dall’Istat, se nel 2008 a togliersi la vita erano stati in 2.828, l’anno dopo si era saliti a 2.986 e nel 2010 è stata superata la soglia delle tremila vittime (3.048). L’incremento, che investe trasversalmente la popolazione, coinvolge la componente maschile (+2,4%) in misura maggiore di quella femminile (+0,9%), consolidando la caratterizzazione al maschile del fenomeno: nel 2010 l’indice di rischio suicidario risulta tra gli uomini 4 volte superiore a quello delle donne (8,2 a fronte di 2,1).
Secondo la fotografia dell’Eures oltre la metà dei suicidi censiti in Italia avvengono in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori piu’ alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, a fronte dei 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma è il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita piu’ consistente (+11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi), a fronte di un +1,8% a Nord e di un calo del 3,5% al Sud.
A livello regionale, la Lombardia conferma il primato di regione con il numero piu’ alto di casi (496 nel 2010, con un incremento del 2,9% rispetto al 2009); seguono il Veneto (320, pari al 10,5%, in aumento del 16,4% rispetto al 2009) e l’Emilia Romagna (278, pari al 9,1%).
E si scende in piazza a manifestare il proprio disagio. Una fiaccolata a Roma, imprenditori e lavoratori, per una volta uniti per ricordare che la crisi uccide e continua a farlo. L’iniziativa intitolata «Silenziosamente» è stata organizzata da Federlazio, l’associazione di Pmi guidata da Maurizio Flammini, per ricordare «tutte le persone, lavoratori e imprenditori, che si sono tolte la vita per la disperazione di dover chiudere l’azienda o di aver perso l’impiego».
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