1° Maggio senza più invitati. Tra rassegnati e suicidi una festa per chi ha perso la speranza
(di Carlo Lazzari) “Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento”. Erano le parole con cui la rivista “La Rivendicazione” pubblicata a Forli il 26 aprile del 1890, celebrava il primo maggio della storia sindacale italiana. Un anno prima i delegati socialisti della Seconda Internazionale avevano ratificato a Parigi la Festa del 1°Maggio come data per commemorare e ricordare il sacrificio dei quattro sindacalisti e dei quattro anarchici impiccati a Chicago per aver manifestato per l’orario di lavoro di 8 ore. Tempi lontani, ma la data ci riporta in un attimo al senso del 1°Maggio. La dignità dell’uomo nella difesa del lavoro e la sua disperazione nel perderlo o nel non averlo. E’ il tema forte e tragico che rimbalza sulle cronache. Oltre 200 tra imprenditori, operai e pensionati si sono tolti la vita in questi ultimi tre anni o per essere stati costretti a fallire o per aver perso il lavoro. E i tanti anziani che nella solitudine e nella poverta’ di bassissimi assegni mensili, si sono lasciati morire per non subire l’ultimo ricatto della miseria. Quanti esempi sconvolgenti. L’imprenditore di Mamoiada nel centro della Sardegna che si spara dopo aver dovuto licenziare anche i due figli che lavorano nella impresa edile di famiglia. Un colpo alla testa. La tragedia del portiere di uno stabile di Corso Garibaldi a Napoli licenziato e senza casa. Si spara. Fine di una vita e di una storia umana. Una delle tante. In questi mesi la cronaca mette insieme decine e decine di tragedie individuali che mostrano un denominatore comune: l’incapacità di vivere e di sopravvivere in una stagione senza un futuro visibile. Oltre un milione di giovani è fuori dalle liste della disoccupazione. Non lo cerca più. E’ il nuovo grande universo dei rassegnati. Chiunque di noi ha un amico o un conoscente o un figlio o un cugino che si sta rassegnando, che vive alla giornata la mancanza di speranza. Oggi 1°Maggio, festa del Lavoro, dobbiamo dedicarla a loro, a chi il lavoro non ce l’ha. E’ la loro realta’ che va ricordata. Padri occupati sempre piu a lungo e figli in attesa permanente. Il 1°Maggio e’ per loro, per chi non ha ancora avuto il diritto a una busta paga, per ricordare alla grande tradizione sindacale le nuove sfide che vanno oltre gli orari e i nuovi contratti globali. La sfida a salvare i nostri figli.
There is One Comment.
Pingback: Primo maggio, una festa senza invitati Il sindacato pensi a chi ha perso la speranza | Napoli - Cerca News