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La crisi si mangia 21 milioni di posti di lavoro, i giovani sono i più colpiti

La crisi economica mondiale ha ‘bruciato’ 21 milioni di posti di lavoro. Lo rivela un Rapporto congiunto pubblicato dall’International Labour Organization (ILO) e l’Organizzazione per Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse). I Paesi del G20, quindi, ”avrebbero bisogno di creare 21 milioni di posti di lavoro nel 2012 per tornare a livelli pre-crisi occupazionali”. Il rapporto sottolinea ”il significativo rallentamento dell’attività economica registrato in diverse grandi economie nel secondo semestre del 2011 ha pesato sul mercato del lavoro dei Paesi del G20” e ora c’è rischio effettivo che ”la disoccupazione elevata e la sotto-occupazione potrebbero aumentare ancora”. Se l’occupazione continua a crescere al ritmo attuale dell’1,5%, infatti, spiega il Rapporto sarà impossibile chiudere il divario di circa 21 milioni di posti di lavoro che si sono accumulati in tutti i pasi del G20 dall’inizio della crisi nel 2008. “Il G20 ha la possibilità di affrontare alla radice le persistenti debolezze dell’economia globale. E’ ormai chiaro che la strada passa attraverso una migliore integrazione delle politiche economiche e sociali, con particolare attenzione per gli investimenti produttivi, l’occupazione e la dignità del lavoro al fine di generare nuove fonti di domanda”, ha spiegato il direttore generale dell’Ilo Juan Somavia.
Il Rapporto ha evidenziato, inoltre, la gravità della disoccupazione giovanile: ”In tutti i paesi del G20 il tasso di disoccupazione giovanile è da due a tre volte superiore a quello per gli adulti, con una media del 19,2 per cento, che non include i giovani scoraggiati e quelli che prolungano i loro studi a causa della mancanza di un impiego. Ma vi sono variazioni significative tra i paesi, si va da circa il 7 per cento in alcuni per arrivare fino al 50 per cento in altri”. “Mancano politiche che consentano a tutti i giovani di entrare nel mercato del lavoro con un’adeguata formazione -ha aggiunto Somavia-. Cosi’ la formazione professionale, le esperienze di lavoro e l’orientamento sono tutte criticita’ delle nostre societa’ ad integrare la nuova generazione”. Lo studio ha anche evidenziato l’alta percentuale di lavoro informale nei paesi emergenti, raggiungendo una media del 45 per cento negli otto paesi del G20.