Editoriale

Non è la prima volta che l’Italia vota sotto stress. Il 1974, qualcuno lo ricorderà, si votò per il referendum sul divorzio a pochi giorni dalla clamorosa azione delle brigate rosse del sequestro del magistrato genovese Mario Sossi.

Ieri lo stress è stato ancora più alto.
L’attentato di Brindisi, con i suoi morti e feriti, dai contorni ancora ambigui, (il nome della scuola intitolato a Falcone e la ricorrenza del ventennale dell’assassinio del giudice; una vendetta; una mente malata?) comunque dai sicuri, inevitabili, effetti ‘terroristici’.

Il terremoto, che ha messo in mezzo aduna strada cinquemila persone con un numero di morti limitato ma inaccettabile comunque.

Occorre un bel sentimento di freddezza per fare una analisi di ciò che maggiormente dice qualcosa sullo stato del paese, e dunque limitarsi ad analizzare i risultati elettorali, trascurando lutti, danni e indagini per parlare solo dei risultati elettorali.

Questa volta il voto è stato significativo al massimo.

- Lega evaporata.
- Terzo polo inconsistente.
- sconfitta della DC (pardon, del PDL, ma era questo l’eredità che Berlusconi raccolse nel ’94 quando Mino Martinazzoli sciolse il partito dello scudo crociato: dando una illusoria nuova ma nel segno della continuità casa politica agli elettori moderati).
- sconfitta del PD (dei comunisti, direbbe Berlusconi): Palermo, Genova, Parma dicono il contrario di quello che vuol vantare Bersani.
- focolai di un nuovo ‘Uomo Qualunque’ (così va interpretato, entro certi limiti, il fenomeno Grillo, ma attenzione: la storia non si ripete mai!).
- dimezzamento dell’elettorato.

Una sintesi?

L’elettorato italiano solo ora si è liberato dell’ipoteca cattolico-comunista. Nonostante la legge elettorale sia quella che è, basterà il movimento 5 stelle con un eventuale risultato di rilievo alle prossime politiche per far capire che, anche se non sarà modificata, nasceranno nuovi movimenti, o – se preferite – nuovi partiti.

Insomma: ieri è finita la Prima Repubblica.
Ma davvero.