Prandelli: questa squadra ci ha fatto sognare, siamo orgogliosi. Per vincere idee nuove
”Possiamo essere orgogliosi di quest’Italia generosa che ha fatto sognare. Per vincere, servono idee nuove. E tutto il movimento deve credere in questo progetto”. Cesare Prandelli e la Nazionale tornano a casa tra gli applausi. Il secondo posto a Euro 2012 può e deve essere un punto di partenza.
Il ct azzurro chiude la spedizione con un bilancio ampiamente positivo, ma chiede la collaborazione di tutto il pallone tricolore per proseguire, con successo, un cammino appena intrapreso. ”Siamo partiti senza grandi aspettative e abbiamo regalato un sogno”, dice Prandelli nella conferenza stampa che, a Cracovia, chiude l’avventura. ”Ma quando dico che, prima di un evento, non frega nulla a nessuno della Nazionale, dico la verità”, aggiunge evidenziando il principale nodo su cui accende i riflettori anche il presidente federale Giancarlo Abete.
”Siamo un paese vecchio, abbiamo idee e modalità vecchie.Dovremmo avere il coraggio di cambiare. Noi siamo venuti agli Europei con questo coraggio. Il risultato non deve essere condizionante, in questo senso: bisogna avere la forza di credere in un’idea – dice il commissario tecnico -. Sicuramente troveremo difficoltà, dovremo abbinare l’aspetto del gioco alla necessità di risultato. In questi due anni abbiamo cercato di costruire una Nazionale con la mentalità di un club”.
Il rapporto con la Figc è solido: ”Quando abbiamo discusso, ho avuto la certezza che la federazione vuole seguire questa strada e i dubbi sono spariti”. I dubbi potrebbero tornare a galla? ”Se devo guidare una squadra che può allenarsi due volte in 8 mesi, una riflessione la farò…”. La ‘rivoluzione’ azzurra, insomma, passa necessariamente per la ”condivisione” del progetto tra federcalcio e società.
”Quando c’è un’idea, c’è la volontà di iniziare un progetto tecnico. Bisogna cercare di programmare, vanno valutati i giocatori. Ma se non giocano a livello europeo, serve lo spazio per lavorare con loro: chiediamo questo, la possibilità di verificare la crescita di questi ragazzi. Lo dobbiamo fare se vogliamo sviluppare un progetto tecnico”, dice Prandelli.
”Altrimenti, che obiettivo abbiamo? Io penso di saper fare il mio lavoro. Ma se devo fare 3 allenamenti in 8 mesi, non so se sono all’altezza. Io sono un allenatore di campo, non un politico o un burocrate. In questi due anni ho avuto rapporti con allenatori e giocatori, tra tecnici non ci sono mai problemi”, chiarisce il commissario tecnico.
Il movimento italiano non ha la maturità e l’equilibrio di quello spagnolo. Il trionfo iberico a Euro 2012 rispecchia lo stato di salute di un paese che, calcisticamente, è stato capace di programmare e ora raccoglie i frutti. ”La nostra vittoria avrebbe fatto bene a tutti, ma avrebbe fatto perdere l’equilibrio a tanti. C’è voglia di cambiamento e rinnovare, se vogliamo riuscirci dobbiamo farlo per tanto tempo”, dice Prandelli.
”Forse non siamo ancora pronti: quando lo saremo per vincere, saremo anche pronti per rivincere. Altrimenti, avremo picchi e poi anni bui”. Contro la Spagna, in finale, c’era poco da fare: ”Abbiamo affrontato una squadra che da anni ha straordinaria continuità. L’unico rammarico, piccolo, è non aver avuto due giorni di riposo in più. Il resto non conta: bisogna riconoscere la superiorità degli avversari”.
La Nazionale è stata capace di trascinare ed appassionare. L’applauso che Prandelli riceve entrando in sala stampa è un’ulteriore conferma della bontà del lavoro svolto negli ultimi 2 mesi. ”Mai avrei pensato di dover ringraziare i giornalisti, vi ringrazio per l’applauso spontaneo”, dice il ct. ”E’ difficile accettare però chi critica in maniera violenta”, afferma prima di soffermarsi su uno dei ”sassolini” a cui ha fatto riferimento nelle scorse settimane.
”Quando ho fatto le convocazioni, è stata messa in risalto la presenza di mio figlio” Niccolò preparatore atletico inserito nei quadri. ”E’ un professionista, avevamo bisogno di una persona che si integrasse con il mio staff. E’ stato fatto un lavoro importante, come dimostra il recupero degli infortunati”, osserva. Le accuse di ‘nepotismo’ hanno lasciato il segno: ”Non ci sono rimasto male, di più. Accetto sempre la critica sportiva, ma non accetto attacchi personali. Mi hanno ferito umanamente in maniera profonda”.
E’ il momento dei saluti e di un bilancio anche individuale. ”Sono stato bravo a mantenere equilibrio nei giudizi. Forse nell’ultima partita avrei dovuto avere più coraggio e rivoluzionare la squadra: ma sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi aveva portato la squadra in finale”, dice il ct.
”Ho lavorato con passione, con l’obiettivo di regalare qualche momento di gioia a chi soffre veramente – conclude ripensando all’ultimo mese e mezzo -. Questa squadra è stata generosa, ha mostrato di avere uno spirito. Abbiamo vissuto giornate straordinarie, non solo in campo. Penso alla visita ad Auschwitz o ai bambini in ospedale. Queste sono le cose importanti”.
Il ct azzurro chiude la spedizione con un bilancio ampiamente positivo, ma chiede la collaborazione di tutto il pallone tricolore per proseguire, con successo, un cammino appena intrapreso. ”Siamo partiti senza grandi aspettative e abbiamo regalato un sogno”, dice Prandelli nella conferenza stampa che, a Cracovia, chiude l’avventura. ”Ma quando dico che, prima di un evento, non frega nulla a nessuno della Nazionale, dico la verità”, aggiunge evidenziando il principale nodo su cui accende i riflettori anche il presidente federale Giancarlo Abete.
”Siamo un paese vecchio, abbiamo idee e modalità vecchie.Dovremmo avere il coraggio di cambiare. Noi siamo venuti agli Europei con questo coraggio. Il risultato non deve essere condizionante, in questo senso: bisogna avere la forza di credere in un’idea – dice il commissario tecnico -. Sicuramente troveremo difficoltà, dovremo abbinare l’aspetto del gioco alla necessità di risultato. In questi due anni abbiamo cercato di costruire una Nazionale con la mentalità di un club”.
Il rapporto con la Figc è solido: ”Quando abbiamo discusso, ho avuto la certezza che la federazione vuole seguire questa strada e i dubbi sono spariti”. I dubbi potrebbero tornare a galla? ”Se devo guidare una squadra che può allenarsi due volte in 8 mesi, una riflessione la farò…”. La ‘rivoluzione’ azzurra, insomma, passa necessariamente per la ”condivisione” del progetto tra federcalcio e società.
”Quando c’è un’idea, c’è la volontà di iniziare un progetto tecnico. Bisogna cercare di programmare, vanno valutati i giocatori. Ma se non giocano a livello europeo, serve lo spazio per lavorare con loro: chiediamo questo, la possibilità di verificare la crescita di questi ragazzi. Lo dobbiamo fare se vogliamo sviluppare un progetto tecnico”, dice Prandelli.
”Altrimenti, che obiettivo abbiamo? Io penso di saper fare il mio lavoro. Ma se devo fare 3 allenamenti in 8 mesi, non so se sono all’altezza. Io sono un allenatore di campo, non un politico o un burocrate. In questi due anni ho avuto rapporti con allenatori e giocatori, tra tecnici non ci sono mai problemi”, chiarisce il commissario tecnico.
Il movimento italiano non ha la maturità e l’equilibrio di quello spagnolo. Il trionfo iberico a Euro 2012 rispecchia lo stato di salute di un paese che, calcisticamente, è stato capace di programmare e ora raccoglie i frutti. ”La nostra vittoria avrebbe fatto bene a tutti, ma avrebbe fatto perdere l’equilibrio a tanti. C’è voglia di cambiamento e rinnovare, se vogliamo riuscirci dobbiamo farlo per tanto tempo”, dice Prandelli.
”Forse non siamo ancora pronti: quando lo saremo per vincere, saremo anche pronti per rivincere. Altrimenti, avremo picchi e poi anni bui”. Contro la Spagna, in finale, c’era poco da fare: ”Abbiamo affrontato una squadra che da anni ha straordinaria continuità. L’unico rammarico, piccolo, è non aver avuto due giorni di riposo in più. Il resto non conta: bisogna riconoscere la superiorità degli avversari”.
La Nazionale è stata capace di trascinare ed appassionare. L’applauso che Prandelli riceve entrando in sala stampa è un’ulteriore conferma della bontà del lavoro svolto negli ultimi 2 mesi. ”Mai avrei pensato di dover ringraziare i giornalisti, vi ringrazio per l’applauso spontaneo”, dice il ct. ”E’ difficile accettare però chi critica in maniera violenta”, afferma prima di soffermarsi su uno dei ”sassolini” a cui ha fatto riferimento nelle scorse settimane.
”Quando ho fatto le convocazioni, è stata messa in risalto la presenza di mio figlio” Niccolò preparatore atletico inserito nei quadri. ”E’ un professionista, avevamo bisogno di una persona che si integrasse con il mio staff. E’ stato fatto un lavoro importante, come dimostra il recupero degli infortunati”, osserva. Le accuse di ‘nepotismo’ hanno lasciato il segno: ”Non ci sono rimasto male, di più. Accetto sempre la critica sportiva, ma non accetto attacchi personali. Mi hanno ferito umanamente in maniera profonda”.
E’ il momento dei saluti e di un bilancio anche individuale. ”Sono stato bravo a mantenere equilibrio nei giudizi. Forse nell’ultima partita avrei dovuto avere più coraggio e rivoluzionare la squadra: ma sarebbe stata una mancanza di rispetto nei confronti di chi aveva portato la squadra in finale”, dice il ct.
”Ho lavorato con passione, con l’obiettivo di regalare qualche momento di gioia a chi soffre veramente – conclude ripensando all’ultimo mese e mezzo -. Questa squadra è stata generosa, ha mostrato di avere uno spirito. Abbiamo vissuto giornate straordinarie, non solo in campo. Penso alla visita ad Auschwitz o ai bambini in ospedale. Queste sono le cose importanti”.
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