Inflazione, l’euro ha fatto lievitare i prezzi del 25% in dieci anni. Stangata su affitti, bollette, tabacchi e alcolici
A dieci anni dall’introduzione dell’euro i prezzi sono aumentati in media del 25%. L’incremento maggiore è stato al Sud e tra i beni più colpiti il record lo conseguono le bevande alcoliche ed i tabacchi, con una impennata del 64%, seguiti dagli affitti e dal caro bolletta cresciuti del 45,8%. Sul ‘podio’ anche i trasporti con aumento per bus, treni e metro, del 41%. A scattare la fotografia è la Cgia di Mestre che ha elaborato dati dal 2002 ad oggi.
In Calabria, infatti, prosegue lo studio della Cgia, si è registrato l’incremento regionale più elevato: +31,6%. Seguono la Campania, con il +28,9%, la Sicilia, con il +27,6%, e la Basilicata, con il +26,9%. Le meno interessate dal ”caro prezzi”, invece, sono state la Lombardia, con un’inflazione regionale del +23%, la Toscana, con il +22,4%, il Veneto, con il +22,3% e, ultimo della graduatoria, il Molise, dove l’inflazione è lievitata ”solo” del 21,7%.
Per quanto concerne le principali tipologie di prodotto, l’euro ha fatto esplodere i prezzi delle bevande alcoliche e dei tabacchi (+63,7%), quello delle manutenzioni/ristrutturazioni edilizie, gli affitti, i combustibili e le bollette di luce, acqua e gas e asporto rifiuti (+45,8%), nonché dei trasporti (treni, bus, metro +40,9%). Pressoché in linea, se non addirittura al di sotto del dato medio nazionale, gli incrementi dei servizi alberghieri e della ristorazione (+27,4%), dei prodotti alimentari (+24,1%), del mobilio e degli articoli per la casa (+21,5%), dell’abbigliamento/calzature (+19,2%).
”La maggior crescita dell’inflazione avvenuta nel Sud,- dice Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre – si spiega con il fatto che la base di partenza dei prezzi nel 2002 era molto più bassa rispetto a quella registrata nel resto d’Italia. Inoltre, a far schizzare i prezzi in questa parte del Paese hanno concorso anche il drammatico deficit infrastrutturale, la presenza delle organizzazioni criminali che condizionano molti settori economici, la poca concorrenza nel campo dei servizi e soprattutto un sistema distributivo delle merci molto arretrato e poco efficiente.”
“Nonostante negli ultimi decenni la spesa italiana per gli investimenti sia stata in linea con la media dei Paesi dell’area dell’euro, la scarsa dotazione di strade ed autostrade, il grave ritardo del nostro settore ferroviario e l’insufficiente dotazione presente nel nostro Paese di reti elettriche e di trasporto/stoccaggio del gas naturale comportano, secondo le stime redatte due anni fa dal Governo allora guidato da Berlusconi, un costo aggiuntivo a carico del sistema imprenditoriale italiano di ben 40 miliardi di euro all’anno”, spiega ancora Bortolussi che spezza una lancia a favore dei commercianti.
”A differenza di quanto è stato denunciato sino ad ora – conclude – con l’avvento dell’euro non sono stati i commercianti a far esplodere i prezzi, bensì i proprietari di abitazioni, le attività legate alla manutenzione della casa, le aziende pubbliche dei trasporti, i gestori delle utenze domestiche ed, infine, lo Stato con gli aumenti apportati agli alcolici e alle sigarette. Ricordo che sul totale della spesa media famigliare, che nel 2011 è stata pari a quasi 30.000 euro, i trasporti, le bollette e le spese legate alla casa hanno inciso per quasi il 50% del totale, mentre la spesa alimentare solo per il 19%”.
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