Disoccupazione, in aumento tra i giovani. Le donne sono le più precarie
Dopo la forte caduta nel biennio 2009-2010, l’occupazione dei giovani tra 18 e 29 anni continua a calare: a fronte di una moderata crescita complessiva, nella media dei primi tre trimestri del 2011, l’occupazione giovanile ha subito una flessione del 2,5% (circa 80 mila unità). E’ quanto evidenzia in audizione alla Camera il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini.
Al contempo, il tasso di disoccupazione dei giovani tra 18 e 29 anni è sceso dal 20,5% del primo trimestre 2011 al 18,6% del terzo trimestre, rimanendo almeno 11 punti percentuali al di sopra di quello complessivo. Tuttavia, se consideriamo la fascia di età 15-24, come proposto dall’Unione europea, la disoccupazione sale al 31%, la più alta dopo la Spagna.
Meno di una donna su due lavora nel nostro Paese, evidenzia Giovannini, e solo il 30% nel Sud, nonostante dal 1995 al 2008 si sia assistito a un aumento quasi ininterrotto dell’occupazione femminile. Le donne, inoltre, continuano ad essere occupate in lavori precari più frequentemente degli uomini e permangono in condizioni di precarietà più a lungo nel tempo.
La distanza dell’Italia dai principali paesi europei nei tassi di occupazione, evidenzia, “nonostante i progressi compiuti, resta estremamente elevata: circa 16 punti percentuali in meno rispetto a Francia e Spagna”. Specularmente, il tasso d’inattività delle donne italiane, ricorda il presidente dell’Istat, “rimane tra i più alti in ambito europeo, determinando un’incidenza relativamente modesta della disoccupazione femminile e pari al 9,6%, un punto al di sopra della media nazionale, anche se con una punta del 15,4% nel Mezzogiorno”.
Per definire le strategie complessive per l’occupazione, secondo Giovannini, “è necessario, quindi, affrontare le criticità del rapporto delle donne con il mercato del lavoro”. Esiste, ad esempio, “una difficoltà delle donne a permanere sul lavoro in concomitanza con una gravidanza”. Le ‘dimissioni in bianco’ “hanno riguardato 800 mila donne nel corso della loro vita”.
Nel corso dell’audizione Giovannini ha parlato anche di pensioni. Un risparmio netto di quasi 13 miliardi di euro nel triennio deriverebbe dalla “mancata indicizzazione delle pensioni”, ha affermato. ”Altri 4 miliardi sono attesi dalla revisione del sistema pensionistico – ha aggiunto – si tratta di cifre relativamente modeste nell’immediato, ma che hanno natura strutturale e, nel caso della revisione dell’età pensionabile, crescenti nel tempo”.
Il presidente dell’Istat ha osservato che nel 2010, circa un quarto (il 24,5%) della popolazione in Italia, in base all’indicatore di Europa 2020, “risulta a rischio povertà ed esclusione sociale, un valore più elevato della media europea (21,5% se calcolata sui soli 17 paesi dell’area euro e 23,4% tra i 27 paesi)”. “Il rischio si concentra nel Mezzogiorno (39,4%), tra le famiglie numerose (36,3%), – ha precisato Giovannini – le madri sole (39,0%) e gli anziani soli (32,4%). Tra gli immigrati, l’incidenza arriva al 51% tra le famiglie con almeno un componente straniero”.
Social