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Policlinico, donna legata in barella: sospesi il direttore e il coordinatore del pronto soccorso. Il ministero invia gli ispettori

“Il direttore generale del policlinico Umberto I, Antonio Capparelli, ha disposto un provvedimento di sospensione dalle funzioni per 90 giorni del direttore del Dea (Dipartimento emergenza e accettazione), Claudio Modini, e del coordinatore dell’area medica Dea, Giuliano Bertazzoni”. Lo riporta una nota della Regione Lazio diffusa al termine del vertice fra il Governatore Renata Polverini e i direttori generali degli ospedali capitolini sede di Pronto soccorso.

La decisione di Capparelli arriva all’indomani della denuncia dei due senatori Ignazio Marino e Domenico Gramazio, ieri in visita a sorpresa al policlinico assieme ai carabinieri del Nas, nell’ambito di alcuni sopralluoghi negli ospedali della capitale. Nel blitz, Marino aveva denunciato la presenza di una donna in “stato di coma”, legata alla barella e lasciata quattro giorni senza alimentazione, con una flebo per l’idratazione, in una stanza del pronto soccorso. In seguito alla denuncia dei due parlamentari, inoltre, il ministero aveva inviato immediatamente gli ispettori.

“Il provvedimento di sospensione sara’ trasmesso al Rettore dell’universita’ La Sapienza, Luigi Frati. Un dirigente medico responsabile di Struttura complessa dipendente del servizio sanitario regionale – si legge nella nota – sara’ nominato con un successivo provvedimento con funzioni di coordinatore del Dea del policlinico Umberto I per la durata di 90 giorni”.

Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha disposto “l’invio d’urgenza di una visita ispettiva al Policlinico Umberto I di Roma”. Ne dà notizia lo stesso dicastero, precisando che “gli ispettori stanno raccogliendo tutti gli elementi relativi alla vicenda denunciata dai senatori Domenico Gramazio e Ignazio Marino” di una donna legata alla barella da quattro giorni in Pronto Soccorso. La vicenda della donna è destinata a finire nel fascicolo dell’indagine sui disservizi dei Pronto Soccorso di Roma. Il caso sarà esaminato martedì in maniera approfondita dal magistrato e dagli investigatori che stanno acquisendo al fascicolo, per il momento contro ignoti e senza ipotesi di reato, atti e documentazione per chiarire le cause del presunto disservizio. “Se sono confermate le informazioni di agenzia in seguito all’iniziativa di alcuni parlamentari – dice il ministro della Salute, Renato Balduzzi -, si tratta di una situazione che non è giustificabile in alcun modo”.
Secondo quanto riferito questa mattina dai due parlamentari, la donna era “in coma dopo un trauma cranico, legata su barella con delle lenzuola. In attesa di ricovero da quattro giorni, senza nessun nutrimento”. Il senatore del Pd ha quindi annunciato che presenterà “una denuncia alla Procura della Repubblica. Ognuno di noi poteva essere quella donna”.
“La paziente aveva solo la flebo con l’acqua fisiologica e i sanitari ci hanno spiegato che erano in attesa, da un minuto all’altro, di poterla trasferire in un altro reparto per darle assistenza”. “Nel frattempo, per 4 giorni, la signora – hanno aggiunto – è rimasta in barella nella cosiddetta ‘piazzetta’, area del pronto soccorso dove vengono lasciati i pazienti in mancanza di posti letto per i ricoveri. La signora era stata legata con delle lenzuola a mani e piedi alla barella per evitare cadute, visto che il letto è senza sponde”.
Per la presidente della Regione Lazio, Renata Polverini la paziente sarebbe stata invece assistita correttamente. “Dalle prime notizie che abbiamo raccolto, sembra emergere che la paziente sia stata gestita correttamente essendo stata sottoposta a due Tac, una ecografia, tre trasfusioni e assistita nel corso della permanenza al Pronto Soccorso da un pool polispecialistico di undici medici”. Dall’assessorato alla Salute della Regione Lazio precisano che la decisione di legarla è stata presa con il consenso dei familiari. “La paziente risulta agitatissima – sottolinea una nota – per cui è necessario procedere a terapie per endovena non potendo somministrarle terapie orali. I familiari acconsentono al contenimento degli arti superiori”. A seguito degli interventi effettuati, continua il documento, “la paziente risulta stabilizzata con un quadro generale notevolmente migliorato che ha consentito il trasferimento al reparto di neurologia”.
A precisare per conto dell’ospedale è Giuliano Bertazzoni, dirigente del Dipartimento di emergenza del Policlinico: la donna trovata al pronto soccorso legata al letto ”non era in coma”. E’ una ”malata di Alzheimer, seguita dal dipartimento di neurologia dell’Umberto I”.
“Quanto scritto in queste ore – aggiunge Bertazzoni – è assolutamente falso. La signora in realtà è stata portata in ambulatorio al pronto soccorso per il peggioramento delle sue condizioni. La paziente, che non sta bene, è stata assicurata alla barella per fare una terapia infusionale”.
Poi un’altra nota, nella quale la direzione dell’Umberto I chiarisce ulteriormente: “I familiari della paziente erano sin dall’inizio informati della grave situazione e del trattamento assistenziale a cui veniva sottoposta” la donna.
“ll direttore generale – prosegue il comunicato – preso atto della situazione e presente nella circostanza, ha disposto immediatamente di procedere con tutte le cure necessarie nel caso di specie. Si riserva, all’esito delle relazioni, ogni successivo provvedimento”. “La paziente – precisa il comunicato – con un ematoma subdurale di 9 mm, che non è stato giudicato di competenza neurochirurgica, è sottoposta a terapia infusionale e per evitare azioni autolesive e pericolo di cadute è assicurata alle sbarre della barella. Inoltre – specifica la direzione generale – si tratta di una donna seguita ambulatorialmente presso la Neurologia e che per un ulteriore decadimento delle sue condizioni è stata mandata al pronto soccorso, dove era in attesa di un posto letto”.
La risposta di Bertazzoni, però, non convince Marino: “Sono un medico, ed ero accompagnato da due Nas: ho guardato le pupille della paziente e visto i segni del trauma cranico. La donna non era sedata ed era evidentemente in coma, legata ai polsi con una garza e alle caviglie con un lenzuolo per la sua sicurezza”.
“Gli stessi operatori hanno rilasciato dichiarazioni, messe a verbale dai due sottufficiali dei Nas, dunque non stiamo inventando nulla: quando il direttore generale ci ha raggiunto – prosegue Marino – ha chiesto spiegazioni ai medici e loro hanno detto che si attendeva ‘da un momento all’altro’ il trasferimento in reparto. Ma in quest’attesa la donna è stata soltanto idratata, non nutrita. Non si può andare avanti in questo modo”, conclude il senatore Pd.
Si è detto sorpreso Gramazio: “Non ci aspettavamo assolutamente di trovare una situazione simile” al pronto soccorso dell’Umberto I. “Anzi, considerati gli articoli sulla stampa in questi giorni e le disposizioni dell’assessorato, pensavamo di non trovare nulla. Invece tutto si è svolto come ha raccontato Ignazio Marino”. “Non criminalizziamo l’Umberto I – sottolinea Gramazio – ma lì c’è una vergogna che non possiamo tacere: la ‘piazzetta’, uno spazio con 20-21 persone in attesa in barella e una capienza di 8 posti letto. Stessa cosa per la stanzetta vicina, in cui 4-5 persone sono ‘parcheggiate’ su delle poltrone da giorni, sperando di arrivare alla barella”.
Oltre al Policlinico Umberto I, i due parlamentari hanno visitato il pronto soccorso del San Giovanni e del San Camillo. In quest’ultimo, forse anche per le attenzioni di questi giorni, le condizioni risultavano positive, mentre la situazione peggiore è stata accertata proprio nella struttura universitaria.
“L’esplosione mediatica di casi come quello dell’Umberto I è un cattivo segnale per la fiducia dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale (Ssn). La politica e i media fanno il loro dovere nell’evidenziare i lati bui del sistema, ma quest’azione si svolga avendo presente che stiamo parlando di una macchina delicata e complessa. E non allarghi invece il solco della sfiducia dei pazienti”, dice Amedeo Bianco, presidente uscente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo).
“I casi di malasanità non sono una novità nel nostro Paese – prosegue Bianco – ma spesso i medici rimangono con il cerino accesso in mano in situazioni al limite. Sono figure a cui viene affidata la fondamentale cura della persona e questo crea per i colleghi una sovraesposizione di responsabilità e mediatica fortemente evocativa. Fare esplodere tali casi in questo modo – aggiunge – è un cattivo servizio”.