Tasse e Diego: una complicata storia di evasione accertamenti e mancati ricorsi. Una guerra da 38 milioni di euro
(di Gianpaolo Santoro)
Disse di lui Edoardo Galeano, “giocò, vinse, pisciò, fu sconfitto”. Bisognerebbe aggiungere “e non pagò le tasse”.
Siamo ormai al secondo round della guerra fra Maradona e l’Agenzia della Entrate, anzi per la verità il processo è iniziato da capo (in quanto uno dei giudici del precedente collegio è il padre di un avvocato di Equitalia e quindi dichiarato incompatibile), una complicata storia di evasione, accertamenti e mancati ricorsi. Un contenzioso di 38 milioni di euro, di cui 23,5 milioni di euro per interessi di mora, già perché vanno così le cose dalle nostre parti. Ma dopo anni di carte, ricorsi, fughe e dispetti (il sequestro dell’orecchino, ricomprato poi all’asta da Miccoli, di due rolex ed il blocco dei compensi di “Ballando con le stelle”) siamo forse arrivati alla resa dei conti.
A dare l’annuncio è stato l’avvocato Angelo Pisani, esperto in contenzioso della riscossione e professore di processo Tributario all’Università Parthenope di Napoli, legale di Maradona. “ Diego il 5 aprile sarà in tribunale a Napoli. Vuole chiarire una volta per tutte la sua posizione con il fisco italiano, vuol chiarire che non è un evasore fiscale: è stato vittima di una sorta di complotto, di ingiustizia della giustizia. Lui è completamente estraneo all’addebito fiscale perché, come tutti possono immaginare, a 25 anni non poteva capire nulla di fisco e quell’artifizio, che non era una violazione fiscale, fu fatto da Ferlaino e non da lui..”
Ardita la tesi che a 25 anni uno non debba capire e preoccuparsi del fisco (soprattutto se incassa miliardi): forse è sfuggita all’avvocato Pisani la vicenda di Valentino Rossi che nel 2008, a 29 anni anni, ha raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate patteggiando il pagamento di 35 milioni di euro.. Vabbè ma si sa, a Napoli quando si parla di Maradona, il cuore prende sempre il sopravvento…
Quella delle tasse non pagate, è una storia tutta italiana, nata 24 anni fa, quando Diego era ancora el Pibe de Oro, e viveva il calcio vero e non quello dei petrogol degli sceicchi spaparanzato a Dubai sulla panchina dell’Al-Wasl. Quando faceva ancora battere il corazòn con quel suo sgambettare irriverente e ammaliante, lampi di ingegno e di poesia: gol, assist e magie. Quando non era ancora stato sospeso due volte per positività a test antidoping nel 1991 (uso di cocaina) e nel Mondiale 1994 (uso di efedrina), quando dopo il ritiro ufficiale dal calcio nel 1997 non aveva ancora imboccato – tra droghe, alcol e pessima alimentazione – la terribile parabola che l’ha portato a pesare 130 chili e a scassarsi cuore e polmoni. By-pass gastrico, epatiti, arresti cardiaci e giudiziari e cliniche psichiatriche. Quando ancora non “flirtava” con Fidel Castro e Chavez e faceva una overdose di sigari cubani, quando non aveva dichiarato guerra a Grondona, mezza Federazione argentina, alla Fifa e Blatter. Quando, che lo si voglia o no, incarnava ancora un sogno. Il sogno di una città che con le sue vittorie aveva rialzato la testa.
“O mama, mama, mama, sai perché mi batte il corazòn …” : la storia di uno scugnizzo sfacciato che ha regalato non soltanto vittorie e scudetti, ma di più, molto di più: ha ridato al popolo napoletano l’orgoglio dell’appartenenza, la voglia del riscatto, la speranza del risorgimento. Gli anni di Maradona, sono stati gli anni della napoletanità, della fierezza di una Capitale che ritrova se stessa, dell’invasione azzurra negli stadi italiani, del coro-canzone cantato a piena voce e a fronte alta, “Si stato ‘o primmo ammore e ‘o primmo e ll’urdemo sarraje pe’ me”, parole e musica del “‘o surdato ‘nnammurato” l’inno dei giorni felici e vincenti, quello di una generazione che al proprio figlio senza esitazioni ha messo il nome di Diego e, per di più, col consenso dei nonni che hanno barattato con gioia la tradizione familiare con uno scudetto. Maradona era tutto questo. Masaniello moderno, il sogno di un riscatto.
Manca da Napoli ormai da sette anni. L’ultima volta fu il 9 giugno 2005, per l’addio al calcio di Ferrara. Doveva essere la festa di Ciro, fu un tributo a Diego. Maradona ora dice che non riesce più a stare lontano dalla sua gente. Vuole andare a il 20 maggio a vedere a Roma la finale di Coppa Italia contro la Juve, con una bandiera bianca azzurra, i colori del suo cuore (e quelli del Napoli e dell’Argentina). Il sindaco De Magistris non ha perso l’occasione per dire la sua, su Twitter ha scritto “la città ti aspetta”. Ad aspettarlo a braccia aperte anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, “Se viene a sanare le sue pendenze con il fisco ben venga, io sono un suo tifoso”.
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