Una Fornero per ogni nazione: La Spagna ha la Báñez e si scatena la huelga general
(di Gianpaolo Santoro) Anche la Spagna ha la sua Fornero. Si chiama Maria Fatima Báñez García, quarantacinque anni, doppia laurea in Giurisprudenza ed Economia, madre di due figli, un volto solare, un sorriso perenne ed accattivante,quasi sempre vestita con colori pastello e tailleur firmati e molto femminili, non si è mai rizelata con nessuno se l’hanno chiamata ministra de Empleyo y Segurida Social, che poi sarebbe ministro per l’occupazione e la sicurezza sociale. Anzi… Fatima Báñez’, con la splendida Maria Soraya Saenz de Santamaria, braccio destro e ora nuova vice-premier e portavoce di Mariano Rajoy, è il volto nuovo di questa Spagna del dopo Zapatero. La ministra Báñez con i giornalisti ha un consolidato rapporto di frequentazione, sa come prenderli e trattarli, essendo stata anche portavoce del Partido Popular e consigliera di amministrazione di Radyio Y Televisiòn de Andalucia. Ma pur avendo una fitta ragnatela di rapporti con la stampa spagnola che conta non le ha evitato critiche feroci. L’influente giornale digitale Nuevatribuna.es ha scritto di lei: “Báñez la ministra de Trabajo que nunca ha trabajado..”, “la ministra del Lavoro che non ha mai lavorato..”
Proprio come la Fornero la Báñez ha tra le mani la patata bollente della riforma del lavoro in una Spagna sull’orlo di una crisi di nervi che dopo gli indignados ha visto l’altro giorno la mobilitazione della “huelga general”, lo sciopero generale, un Paese dove si registra una contrazione continua del Pil che secondo le ultime stime dovrebbe far registrare un complessivo -1,5 per cento (ma sono stime ottimistiche,) alla fine del 2012, una disoccupazione costantemente al di sopra di ogni possibile livello di guardia (22,8 per cento ma per i lavoratori più giovani si sale al 51, record europeo) ed una tensione crescente sul mercato obbligazionario ed mai sopita crisi dei settori immobiliare e bancario.
Licenziamenti più facili, riduzione di stipendio a volontà dell’imprenditore, liquidazione in caso di malattia o rifiuto del dipendente a nuovi orari o sedi di lavoro, perdita di valore del Contratto collettivo: il nostro articolo 18 assume un significato diverso se lo si paragona alla riforma approntata dopo cento giorni dall’insediamento del centro destra spagnolo di Mariano Rajoy, forte della maggioranza assoluta in Parlamento.
Dall’Europa è forte la pressione sul governo di Madrid: la riforma del mercato del lavoro è imprescindibile in Paesi come Italia e Spagna, ha detto il commissario europeo per la Concorrenza, Joaquin Almunia. Ma i sindacati non ci stanno. “Le misure del Partido Popular sono un pacchetto di interventi – ha dichiarato Fernández Toxo, il segretario di Comisiones Obreras, il principale sindacato spagnolo – che toccano tutte le sezioni del diritto del lavoro e lo fanno in un modo destabilizzante, radicale. Mettono in discussione in modo preoccupante la contrattazione collettiva. Un tentativo mascherato di rendere individuali i rapporti di lavoro..”
Ed ecco allora il rimbalzare da una parte all’altra del Paese, “Como acabar con el mal”, come farla finita con il male, lo slogan della rivolta sindacale, l’esplosione di un grido di malessere. Ma la ministra spagnola, proprio come la Fornero, è irremovibile. “L’esecutivo è disposto a dialogare fino allo sfinimento ed è aperto a proposte migliorative: ma le parti fondamentali della riforma non verranno cambiate perché sono le basi per la futura creazione di posti di lavoro, l’unica speranza per poter dare una reale opportunità ai 5 milioni di disoccupati…”
Dalla Merkel, alla Fornero, alla Báñez: il futuro di questa fragile Europa è sempre più nelle mani delle nuove lady di ferro…
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