Morire di crisi: strage silenziosa di pensionati e imprenditori che scelgono di uccidersi
(di Gianpaolo Santoro) Una lunga scia di sangue. E’ come una guerra. Ogni giorno ha le sue vittime. Si danno fuoco, si impiccano, si sparano alle tempie, si buttano nel vuoto. Si uccidono ma non hanno neanche un nemico da odiare. O meglio ne hanno tanti, troppi che poi è come non averne nessuno. La banca che non concede il prestito, lo Stato che non paga i debiti, il Fisco che ti soffoca con tasse insostenibili, Equitalia che stringe forte alla gola, il lavoro che non c’è più.
Muoiono i piccoli imprenditori. Dal 2009 ad oggi soltanto nel Veneto sono stati 50 gli imprenditori che a causa della crisi si sono tolti la vita. Dal 2004 i militari morti in Afganistan sono 49, ma quella è un’altra guerra. Meno cruenta.
Muoiono anche le imprese. Soltanto nel 2011 sono state ben 11.615 le aziende hanno chiuso i battenti per fallimento. E come se non bastasse bisogna aggiungere anche cinquantamila imprese agricole. Numeri che sgomentano, un record negativo che fotografa lo stato d’agonia delle imprese italiane, soprattutto quelle di piccole dimensioni, nonostante siano loro il motore occupazionale ed economico del Paese. Fallimento, rimorso, impotenza, disperazione, vergogna.Il fallimento di un imprenditore non è solo un fattore economico. Il più delle volte viene vissuto anche come una bocciatura personale, aggravata dal senso di colpa per la responsabilità sentita nei confronti della propria famiglia e di quelle dei propri dipendenti. Ed è proprio questo senso di colpa che, in casi estremi, ha portato decine e decine di piccoli imprenditori a togliersi la vita. E’ come un lungo tunnel buio, dove non si intravede nessun a luce. E, ancora più drammatico, dove nessuno ti vede. Soli ed invisibili
“Salva Italia”. Già ma questo esercito di senza futuro chi lo salva? Ecco perché è nato lo sportello anti-suicidi, un numero verde per gli imprenditori disperati, realizzato dalla Confartigianato e la Caritas. Speriamo possa riuscire ad aiutare davvero qualcuno. In pochi giorni c’è stato un boom di chiamate. La disperazione è tra noi. Non siamo la Grecia, ma la tragedia è la stessa. Manovre su manovre hanno messo in ginocchio il Paese. Secondo l’Istat, nel 2012 la pressione fiscale ha raggiunto il 45 per cento dei redditi degli italiani. In realtà va molto peggio: nel calderone dei conteggi, infatti l’Istat considera anche l’economia sommersa, quantificata tra i 255 e i 275 miliardi di euro l’anno. Ma il sommerso non paga le tasse. Il risultato? Sulle spalle degli italiani le tasse gravano quest’anno per il 52 per cento dei propri redditi, una percentuale che nel 2013 arriverà al 55. Ora vogliono tassare anche i cani…
Rigore, lacrime e sangue. Ma poi ti guardi intorno e ti accorgi che lo Stato non dà il buon esempio. Non lo fa a cominciare dalla spesa pubblica, mai così alta negli ultimi 30 anni. Tra il 1981 e il 2011, infatti, le uscite correnti sono aumentate del 105 per cento, pari a oltre 344 miliardi di euro in più: il 31 dicembre del 2011, la spesa corrente aveva raggiunto quota 672,6 miliardi di euro.
Abbiamo dichiarato guerra agli evasori, poi ti accorgi che il grande evasore è proprio lui lo Stato che ha in tasca 90 miliardi di euro che non gli appartengono: quelli delle migliaia di piccole e medie imprese italiane che hanno lavorato per la Pubblica Amministrazione e che non sono state mai pagate. C’è una direttiva europea che impone di saldare i debiti, ma la legge non è uguale per tutti. Se non paga lo Stato non succede niente, se non pagano le imprese, vanno dritte al fallimento. E se poi un imprenditore chiede un aiuto, fai collezione di porte sbattute in faccia. Il sistema bancario non affianca ormai quasi più nessuno. Nell’ultimo trimestre del 2011 i prestiti alle imprese sono diminuiti del -1,5 per cento. Soltanto nel mese di dicembre, il calo è stato addirittura del 2,2 per cento. Ma non è tutto. Se si riesce, chissà come, ad ottenere un prestito, i tassi risultano essere sempre più vertiginosi. Secondo uno studio dell’Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre nel 2011 gli aumenti dei tassi di interesse sono costati alle imprese ben 3,7 miliardi di euro. Gli aumenti più consistenti sono stati sui per i prestiti di durata inferiore ad un anno: +1,44 per cento, ma l’intera media dei tassi sui prestiti è insostenibile: 4,97 per cento. Manca la liquidità, è il mantra delle banche. Già, ma quella valanga di euro con la quale la Banca centrale europea sta letteralmente inondando gli istituti di credito italiani al tasso dell’1 per cento, allo scopo di “sostenere l’impresa e lo sviluppo”? Mistero buffo. Ma c’è poco da ridere.
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