Processo Ruby, Berlusconi: Ragazze travestite? Solo gare di burlesque. Karima all’agente: Non sono la nipote di Mubarak
Le ragazze ospiti delle cene in villa San Martino si travestivano da suora, poliziotta, coccinella ”ma solo per gare burlesque”. E’ quanto afferma Silvio Berlusconi oggi presente nell’aula del processo sul caso Ruby, dove risponde di concussione e prostituzione minorile. Alle domande dei giornalisti sui travestimenti delle sue ospiti, l’ex premier ha risposto che ”è tutto vero, facevano solo della gare burlesque”.
Quindi Berlusconi ha ribadito che le serate ad Arcore erano ”cene assolutamente eleganti e corrette”. Dopo cena a volte, ha aggiunto, ”andavamo nel teatro, che è una ex discoteca dei miei figli, dove si stabiliva un’atmosfera di gioiosità, sentimento e simpatia”.
E su Ruby? ”Mi ha fatto pena. Ha raccontato una vita drammatica dicendo di essere stata buttata fuori dalla famiglia perché si era convertita alla religione cattolica. Si era costruita un’esistenza fantasiosa, vergognandosi della realtà. Decidemmo di aiutarla per evitare che si prostituisse”.
Ora però, ha aggiunto l’ex premier, non viene dato più alcun aiuto alla ragazza, perché, ”ha trovato una persona perbene che l’ha sposata”.
Nell’ammettere di avere versato somme ad alcune ragazze che sono anche testimoni nel processo: “Sto mantenendo queste ragazze – dice l’ex premier – che sono state diffamate per sempre da questa Procura, che hanno la vita rovinata, che hanno perso i fidanzati e forse non ne troveranno altri, che hanno perso il lavoro, e anche i genitori di alcune di loro hanno dovuto chiudere. Mi sento responsabile perché il loro unico torto – aggiunge- è stato quello di accettare un invito a cena a casa del presidente del Consiglio. Questa è una sceneggiata indegna. Uno scandalo”.
Il processo sul caso Ruby ”è una grande operazione mediatica di diffamazione del presidente del Consiglio”, ha aggiunto spiegando: “Sono venuto qui a sentire questa sceneggiata”,. Quindi l’ex premier ha puntato il dito sui tanti soldi spesi dallo Stato per un processo che è ”una sceneggiata indegna”.
Poco prima, il capo di gabinetto Piero Ostuni ha dichiarato che la notte del fermo di Ruby, il 27 maggio 2010, si era convinto “che la ragazza non fosse la nipote di Mubarak”. E però non avvisò nessuno, né il Questore, né la Presidenza del Consiglio che lo aveva ‘allertato’ sulla parente dell’allora presidente egiziano, né tantomeno Silvio Berlusconi che lo aveva chiamato quella notte, perché “in quel momento non ci ho pensato”.
E’ quanto ha testimoniato in aula lo stesso Ostuni, sentito oggi nell’ambito del processo sul caso Ruby dove Silvio Berlusconi, oggi presente in Tribunale, è accusato di prostituzione minorile e anche di concussione proprio in relazione alle presunte pressioni fatte in Questura per ottenere che la giovane Karima fosse affidata a Nicole Minetti.
Il capo di gabinetto ha riferito delle telefonate ricevute da Silvio Berlusconi e poi da persone della Presidenza del Consiglio sulla ragazza. In un primo momento “visto la fonte da cui veniva la notizia ho ritenuto che fosse stata verificata”. Ma poi, informato subito dal commissario Iafrate che la ragazza era marocchina, non allertò nessuno. “non so dare una spiegazione” di questo, ha precisato Ostuni perché “forse un dubbio mi era rimasto. Comunque non l’ho fatto. Non ci ho pensato”.
Durante l’udienza il commissario Giorgia Iafrate ha dichiarato a sua volta che la notte del fermo in Questura Ruby disse di non essere la nipote di Mubarak anche se “la ragazza si mise a ridere e mi raccontò che lei spesso si spacciava per tale”.
La commissaria, che era stata avvisata da Ostuni che si trovava in Questura la nipote di Mubarak, avvisò quindi subito il suo ‘superiore’ delle reali generalità della minorenne. ”Riferii anche ad Ostuni che il pm dei minori aveva disposto di affidare la ragazza in una comunità, ma in seguito lui mi avvisò dell’arrivo di un consigliere ministeriale che se ne sarebbe occupata”. Ruby venne affidata, infatti, a Nicole Minetti, consigliere regionale.
Iafrate affidò poi la ragazza al consigliere regionale Nicole Minetti, e non la trattenne nei locali di via Fatebenefratelli a Milano come invece avrebbe voluto il pm dei minori Annamaria Fiorillo perché “ho agito nell’interesse della minore”.
Incalzata dalle domande del pm Ilda Boccassini sul perché non avesse eseguito gli ‘ordini’ del pm, ai quali avrebbe dovuto attenersi quella notte, il commissario ha spiegato che “nell’ambito dei miei poteri di pubblico ufficiale di fronte alla scelta se lasciare la ragazza in Questura in condizioni non sicure o affidarla ad un consigliere regionale eletto dal popolo, ho ritenuto di seguire quest’ultima possibilità”.
Quanto agli accertamenti svolti sulla ragazza quella notte “siamo stati fin troppo scrupolosi”, ha detto il commissario. E poi, ha aggiunto, quando è arrivata la Minetti (cosa che le era stata anticipata dal suo superiore, il capo di gabinetto Piero Ostuni, ndr) “ho assistito personalmente all’incontro con Ruby: si sono abbracciate mentre Karima piangeva perché non voleva più restare in Questura. Insomma, era evidente che si conoscevano bene”.
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