Lavoro, cresce la disoccupazione: al 9,7% mai così alta dal 2001
La discocupazione in Italia raggiunge nel quarto trimestre 2011 il livello più alto dal 2001, al 9,7%. Ma ”il tasso reale potrebbe essere più alto”, perché ai quasi 2,1 milioni di disoccupati si aggiungono 250mila lavoratori in cig”. Lo evidenzia l‘Organizzazione Internazionale del Lavoro nel suo rapporto 2012.
Le categorie più colpite, rileva l’Ilo, sono quella dei giovani e quella dei disoccupati di lunga durata. La disoccupazione giovanile, salita al 32,6% durante il 4° trimestre del 2011, è più che raddoppiata dall’inizio del 2008. Allo stesso modo, i disoccupati di lunga durata rappresentano il 51,1% del totale dei disoccupati durante il 4° trimestre del 2011. Inoltre, prosegue l’Ilo, molti lavoratori escono completamente dal mercato del lavoro: nello scorso anno, il tasso dei lavoratori che non cercano più lavoro ha raggiunto il 5% del totale della forza lavoro.
Il numero dei NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione) ha raggiunto il livello “allarmante” di 1,5 milioni. “Seri problemi” esistono anche riguardo alla qualità dei posti di lavoro creati. Dall’inizio della crisi, la proporzione dell’occupazione a tempo determinato e a tempo parziale è aumentata fino a raggiungere rispettivamente il 13,4% e il 15,2% dell’occupazione totale. Inoltre, il 50% del lavoro a tempo parziale e il 68% del lavoro a tempo determinato non è frutto della libera scelta dei lavoratori.
L’Ilo valuta quindi la riforma del mercato del lavoro che – sottolinea il rapporto – punta a migliorare i risultati dell’occupazione in Italia, ma “c’è ancora spazio per agire, per creare posti di lavoro tramite meccanismi adeguati di protezione dell’occupazione; per superare la segmentazione del mercato del lavoro; per ridurre il lavoro precario, soprattutto per i giovani”. Inoltre, investendo in politiche attive del mercato del lavoro “si potrebbero migliorare i risultati occupazionali con costi aggiunti limitati. Le parti sociali ricoprono un ruolo determinante nella preparazione e nell’attuazione di queste riforme”.
Il World of Work Report 2012 si sofferma poi sul quadro economico generale evidenziando come le misure di austerità ”rischiano di alimentare ulteriormente il ciclo di recessione e di rinviare ancora l’inizio della ripresa economica e il risanamento fiscale”. La ripresa, rileva l’istituto, viene frenata dalla contrazione del consumo privato. Tale contrazione è aggravata dal fatto che gli stipendi crescono meno velocemente rispetto all’inflazione. Inoltre, il tasso di investimento è diminuito nel 2010 e l’aumento della domanda estera è rallentato. Infine, tra il 2009 e il 2011, la spesa pubblica è diminuita del 2% in rapporto al PIL, con effetti negativi diretti sugli investimenti pubblici.
Sul fronte dei conti, l’Ilo fa riferimento al peggioramento degli ultimi 5 anni e agli interventi recenti per invertire la rotta. Il debito pubblico è schizzato dal 103% del PIL nel 2007 al 120% nel 2011. A seguito dell’aumento dei tassi di interesse nazionali sono anche sorti dubbi sulla tenuta delle finanze pubbliche. Per ridurre il deficit, il governo ha aumentato la pressione fiscale che dovrebbe raggiungere il 45% nel 2012. Il rallentamento dell’economia, si fa notare, è anche legato all’accesso più difficile al credito. Nonostante le importanti immissioni di liquidita’ da parte della Banca Centrale Europea (BCE), la maggior parte delle PMI deve fare i conti con maggiori difficoltà di accesso al credito bancario mentre aumentano i tassi di interesse; a ciò si aggiungono i problemi tradizionali della pesantezza amministrativa. L’accesso limitato al credito, insieme alle incertezze nel mercato europeo, contribuisce a ridurre gli investimenti privati, con conseguenze negative sulla ripresa del mercato del lavoro.
Ridurre il debito pubblico senza danneggiare la crescita economica. E’ la strada obbligata per l’Italia che indica l’Ilo. Il rapporto dimostra che “anche gli investimenti pubblici sono importanti per stimolare la domanda interna e compensare gli effetti negativi delle misure di austerita’”. Inoltre, il divario tra inflazione, produttività e stipendi “andrebbe ridotto”. Ne risulterebbe “una redistribuzione del reddito in grado, a sua volta, di favorire una maggiore coesione sociale e la crescita degli investimenti”. Secondo l’Ilo, “il dialogo sociale e la contrattazione collettiva rivestono un ruolo fondamentale come stabilizzatori automatici del reddito di base delle famiglie”. In sostanza, il Paese deve “aumentare gli investimenti per creare occupazione: le pmi, che forniscono la stragrande maggioranza dei posti di lavoro, hanno bisogno di maggiori possibilità di finanziamento. E’ quindi importante far sì che le immissioni di liquidità da parte della BCE si traducano in maggiori opportunità di credito”. Inoltre, “andrebbero snellite le procedure amministrative e accorciati i tempi di pagamento della pubblica amministrazione”.
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