Mercato del lavoro, una riforma pasticciata. Cazzola: Ecco cosa cambiare per ridurre i danni
(di Giuliano Cazzola)
Quando di un abito su misura si sbaglia il taglio, è molto difficile rimediare. Al sarto converrebbe buttare tutto e ricominciare daccapo. Ma il governo sa che la polizza vita sottoscritta a suo favore da ABC (Alfano, Bersani, Casini) non è ancora scaduta e ne approfitta. Ed impone una sollecita approvazione con poche modifiche. Del resto, avendo fatto di tutto durante il negoziato (altro che conclamata fine della concertazione !) per accontentare la Cgil, il governo non può restare indifferente alle istanze di Susanna Camusso che, dal suo punto di vista, lamenta, per giustificare le resistibili iniziative di mobilitazione della sua organizzazione, , a causa delle modifiche che si annunciano alla parte del testo che sfigura la legge Biagi. Se i patti stipulati nottetempo da Monti con ABC saranno rispettati, c’è da aspettarsi qualche aggiustamento delle norme sulla flessibilità in entrata che serviranno sicuramente a correggere il testo iniziale e a contenere gli effetti degli svarioni che vi sono contenuti: un impianto complessivo squilibrato (non si è realizzato lo scambio tra maggiori tutele in entrata e minore rigidità in uscita), una nuova disciplina del licenziamento individuale confusa e pasticciata, una manipolazione dei rapporti di lavoro flessibili, nel testo sottoposti, a fronte del verificarsi di circostanze di fatto individuate con modalità assai discutibili, ad una pregiudiziale di illiceità, salvo prova contraria. Alla fine, il mercato del lavoro diventerà più rigido. E questa conclusione, in una fase di recessione dell’economia, si tradurrà in nuovi vincoli per le imprese e, quindi, in gravi difficoltà per l’occupazione. Ma vediamo comunque quale potrebbe essere una piattaforma utile a contenere gli effetti negativi della c.d. riforma del mercato del lavoro.
Contratti a termine – Premesso che sarebbe preferibile un ripristino della normativa europea in materia e l’eliminazione dell’incremento contributivo dell’1,4% (operazione complicata perché coinvolge le questioni della copertura finanziaria) vanno comunque individuate talune priorità: riconoscimento della normativa prevista per il lavoro stagionale anche ai settori definiti dai contratti collettivi; ripristino dei previgenti termini di interruzione tra un contratto e l’altro; esclusione dei periodi svolti in regime di somministrazione dal massimale di 36 mesi; abolizione del nel primo contratto a termine per tutta la sua durata e non per soli sei mesi.
Partite IVA- Individuare talune figure professionali da sottrarre al pregiudizio generale di illiceità, facendo riferimento alla particolare prestazione qualificata da loro effettuata nella fase operativa; in alternativa, abolire la norma e limitare l’intervento alla prescrizione di un certo numero di controlli sulla scorta di quanto avvenuto per le pensioni di invalidità civile. In tale contesto si pone il riesame della mazzata contributiva a carico dei parasubordinati, a fronte del mancato riconoscimento di nuove tutele.
Apprendistato – Eliminare il vincolo di assunzione previsto tanto nella fase di avvio quanto a regime.
Contratto intermittente, di inserimento e lavoro accessorio (voucher)– Questi istituti sono fortemente ridimensionati nonostante la loro dimostrata utilità nella lotta al lavoro sommerso soprattutto in taluni settori. Vanno dunque salvaguardate il più possibile le discipline vigenti come regolate dalla legge Biagi e successive modificazioni.
Dimissioni volontarie – E’ bene richiamare l’attenzione su di una norma (art. 55) che sembra basarsi, nei fatti, sul presupposto che tutte le dimissioni (particolarmente se effettuate da lavoratrici) siano estorte. E sottopone, pertanto, a complicate procedure di convalida questi atti per definizione volontari. Se non si ottenesse una soppressione o almeno una semplificazione, occorrerebbe almeno riconoscere un ruolo agli uffici locali della Consigliera di parità.
Disciplina dei licenziamenti individuali (art.18) – Il testo è un pasticcio, ma è vincolato politicamente. Bisognerebbe almeno richiedere che il licenziamento decorra dal momento della sua comunicazione (per evitare il marchingegno consueto della messa in malattia del lavoratore quando hanno luogo le procedure preventive di conciliazione).
Come si vede non c’è molto da stare allegri. Questo disegno di legge rischia di produrre sul mercato del lavoro i medesimi effetti devastanti di uno sciame di fameliche cavallette su di un campo di grano, già piuttosto malmesso di suo. Cerchiamo almeno di contenere i danni.
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