Nella terra della paura, insuperabili cibo vini e accoglienza. Un’Emilia da aiutare: il meglio della costa romagnola
(di Antonio Paolini) C’è un appello da ascoltare. E una terra da sostenere. Senza sacrifici. Anzi, godendo. E’ un’occasione, non vi pare? L’appello è quello partito, dopo le fasi più acute del violento terremoto in Emilia, dalla parte della regione che meno ne è stata danneggiata, e che anzi è totalmente illesa, essendo fuori dalla zona padana in cui sono localizzate le faglie attive. Parliamo della costa romagnola, dal confine con le Marche a oltre Cesena. In quest’area la cosiddetta “stagione” sta per cominciare: spiagge, certo: ma poi musica, locali, e ovviamente cibo. Cioè ristoranti. Ottimi, e ben diffusi lungo questo lungo e bel tratto di battigia, una volta meta very cheap di turismo italiano piccolo-borghese, e soprattutto della ben pagata classe operaia tedesca a caccia di sole e tuffi nel blu nella luminosa Italia. Ma che poi (entrato in crisi il modello ombrellone di giorno-pensioncina-discoteca o ballo liscio di notte) si è votato a riciclarsi tra turismo fieristico e congressuale (Rimini) e il lavoro per attrarre target diversi, e visitatori da altre provenienze e nazioni.
Ora, questa striscia che vive comunque di accoglienza e di piaceri, ha paura. E non delle scosse, come i non lontani “fratelli” emiliani, veneti o lombardi dello stralcio di pianura colpito dal terremoto: ma del “contagio” dei timori. Delle prenotazioni già annullate, di quelle che non saranno più fatte, della fuga dei turisti italiani e, soprattutto, dei non italiani, per i quali, da più lontano, è più difficile distinguere, e capire quali sono le aree ancora ipoteticamente a rischio, e quali no.
Andare in Romagna in quest’estate che inizia, dunque, e spendere lì un po’ di denari/vacanza equivale a offrire – ripetiamo, senza pericoli per sé e i propri cari – una chance a un’economia regionale che, già pesantemente ferita nel polo alimentare (Parmigiano, aceto balsamico tradizionale, allevamento) e in quello biomedicale (tra i più importanti d’Europa), entrambi duramente colpiti dal sisma, rischia di perdere ora, e senza motivi reali se non l’apprensione diffusa e poco informata, anche la terza gamba: quella degli introiti da turismo.
“Anche in una tempesta bisogna mangiare”, cantava uno degli autori italiani più dylaniani (da Bob, non Thomas), Francesco De Gregori, ambientando in un suo song la storia di un cuoco di stanza a Salò al tempo della guerra civile seguita al disfacimento del regime fascista in Italia. Ed è quello che si augurano con ragione i bravissimi chef romagnoli, e i patron dei loro ristoranti. Cui, per i motivi già raccontati, dedichiamo di cuore questa rubrica, e questo itinerario che risale da Cattolica a Cesenatico, sconfinando anche (in modo mirato) sulle splendide, limitrofe colline del Montefeltro. Posti che si chiamano Liuzzi (www.locandaliuzzi.com), Azzurra (www.ristoranteazzurra.com), La Buca (www.labucaristorante.it), Il Piastrino (www.piastrino.it), Guido (www.ristoranteguido.it). Noi garantiamo per il cibo, la qualità, l’accoglienza. Voi, di non lasciarli da soli a meditare, in locali semivuoti, sulla loro estate più difficile. I particolari nelle schede dedicate a ciascuno di essi dovrebbero aiutare a convincervi. Buon viaggio…
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