Pd alla prova del nove, per Bersani incognita primarie
“Non resteremo fermi, immobili”. Pier Luigi Bersani l’aveva promesso, ripetendolo con insistenza, gia’ da tempo. E infatti oggi in Direzione il segretario esplicitera’ il percorso che ha immaginato per offrire quella alternativa su cui da tempo ha messo al lavoro il Pd. Quindi, e questo Bersani lo ha annunciato al Tg1 qualche giorno fa, la sua candidatura alla premiership. Quindi, e questo sarebbe stato il colpo di scena della scorsa settimana se non ci fosse stato il rinvio della Direzione causa terremoto, le primarie. Una sfida, quella della scelta tra più contendenti, considerata ormai indispensabile per garantire l”apertura’ del partito e una autentica legittimazione popolare alla candidatura alla guida del Paese. Ma di questo ultimo aspetto, più che della sua candidatura ormai piu’ che acquisita, il segretario ha parlato in queste ultime ore con i big del partito e, proprio stamattina, con i capigruppo Anna Finocchiaro e Dario Franceschini, il vice segretario Enrico Letta e la presidente dell’Assemblea Rosy Bindi. Perche’ se le primarie ormai sono acquisite (chi ha parlato con Bersani lo ha descritto molto “sparato”, “avanti” su questo), la forma della consultazione e il percorso per arrivarci sono oggetto di grandi discussioni in queste ore nel Pd. Ieri ‘l’Unita” ha titolato senza mezzi termini: “Bersani pronto a primarie di coalizione”. Da tenere in autunno, magari lasciandosi sedurre dal fascino della data del 14 ottobre (domenica), ‘anniversario’ delle primarie del Pd e dell’Ulivo
Sino ad oggi si è sempre parlato di primarie “aperte”, una formula esplicita fino a un certo punto. Comunque, primarie di coalizione sarebbero cosa ben diversa da quelle di partito che, per statuto, corrisponderebbero a un vero e proprio congresso del Partito democratico. Su questo, appunto, la discussione è aperta. Per questo si pensa a un “percorso” più articolato. In sostanza, dell’avvio di un processo di apertura del partito nei confronti della società civile, di un coinvolgimento di forze nuove al termine del quale arrivare alle primarie. Una cosa del genere comunque Bersani l’ha in mente. Da tempo lo ripete e proprio domani potrebbe essere l’occasione per lanciare una sorta di appello a intellettuali, associazioni, forze sociali per contribuire all’alternativa. Ma, invece, quello che temono alcuni dirigenti del partito è la guerra fratridicida che una semplice apertura delle urne aprirebbe (con Matteo Renzi su tutti, ma a quel punto non solo, come dimostra la provocatoria candidatura annunciata ieri da Pasquale Laurito, la Velina rossa) con eventuali ricadute sul governo. “Un bagno di sangue”, ha ripetuto piu’ di un deputato in Transatlantico. Un ragionamento non distante, a leggere ‘Repubblica’, da quello che farebbe Massimo D’Alema.
“Io contrario alle primarie? Chiedete a chi l’ha scritto”, si è limitato a dire il presidente della Feps, che poi ieri in serata ha ‘affossato’ le liste civiche: “Se non hanno una storia, i partiti diventano liste civiche, tutto si riduce al leaderismo e c’e’ un impoverimento della democrazia”. Quale che sarà la direzione, c’è già chi affila le armi. Matteo Renzi, dopo un bel po’, tornerà a farsi vivo in Direzione. “Le primarie le faccio solo se sono vere -ha spiegato il sindaco di Firenze-. Le primarie migliori sono quelle del Pd, ma vanno anche bene quelle versione foto di Vasto. Decida Bersani. Quelle vere sono quelle di Milano e Firenze. Non quelle dove si sa già chi vince”. Anche Pippo Civati ha lanciato la sfida: “Si va in Direzione, si ascolta la famosa apertura di Bersani, si cerca di capire come saranno queste primarie per scegliere il premier”, ha scritto oggi sul suo blog spingendo per le primarie per i parlamentari e sostenendo che “non è più tempo di scherzare”. Poi, o forse anche prima, c’è il tema delle riforme. Legato a doppio filo alla questione primarie e reso ancora più attuale dall’appello lanciato da Angelino Alfano al Pd su legge elettorale e presidenzialismo. La posizione del Pd, che Bersani oggi ribadirà, è di dire “no ai ricatti”. Se Enrico Letta ha definito “non credibile” la proposta di Berlusconi, è stata Anna Finocchiaro a chiarire che “la riforma dello Stato non si fa con un emendamento”. Quindi, determinazione nell’esigere la riforma elettorale per verificare la serietà di chi ne parla in queste ore
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