• Home »
  • Lifestyle »
  • Michelangelo inedito, scoperta a Firenze formella di marmo con donna nuda: Venere e Amore

Michelangelo inedito, scoperta a Firenze formella di marmo con donna nuda: Venere e Amore

Attribuita a Michelangelo Buonarroti una formella di marmo (cm 43,5×58) nel Cortile di Michelozzo di Palazzo Medici Riccardi a Firenze: intitolata ‘Venere e Amore‘ e raffigura l’abbraccio di una donna nuda con un bambino. Presente nel Cortile dai primi anni del XVIII secolo, l’ipotesi della paternità michelangiolesca è stata avanzata ora per la prima volta dagli storici dell’arte Gabriele Morolli e Alessandro Vezzosi nel volume fresco di stampa ‘Michelangelo Assoluto’, edito da Scripta Maneant (Reggio Emilia, 2012), a cura dello stesso Vezzosi, con introduzioni di Carlo Pedretti e Claudio Strinati, contributi (oltre che di Morolli) di Lucilla Bardeschi Ciulich, Rab Hatfield, Marina Mattei, e arricchito dalle interpretazioni fotografiche di Aurelio Amendola.
La composizione, l’iconografia, i riferimenti letterari, l’altissima qualità, la tecnica e lo stile della scultura, i confronti e le coincidenze con le opere di Michelangelo, rendono ”l’attribuzione di questa formella al grande maestro fiorentino molto più che un’ipotesi”, ha detto Vezzosi intervenendo con Morolli a Palazzo Medici Riccardi per la presentazione dello studio sull’opera insieme al presidente della Provincia di Firenze, Andrea Barducci, e alla soprintendente del polo museale, Cristina Acidini. Quasi al centro di uno dei grandi ‘cartelloni’ collocato sulla parete meridionale del cortile, esattamente quella verso l’angolo occidentale, il piccolo rilievo marmoreo, ”rivela la sua natura rinascimentale, benché sia stata inserita fra reperti in marmo greci e romani”, ha sottolineato Vezzosi.
La ricostruzione storica della collocazione di quest’opera risale a dopo che i Riccardi avevano acquistato, nel 1659, il Palazzo Medici di Cosimo il Vecchio in via Larga, capolavoro del XV secolo: nel primo Cinquecento lo studiò Leonardo, vi lavorò Michelangelo. Nel mirabile Antiquarium creato da Francesco Riccardi, alcuni pezzi furono oggetto di critiche da parte di studiosi che mettevano in dubbio l’antichità di alcuni frammenti. Il rilievo rinascimentale ora individuato potrebbe persino essere stato eseguito come un ”falso-antico”, pratica nella quale si distinse lo stesso Buonarroti.
L’opera, rotta in più frammenti in epoca imprecisata, fu ricomposta e incastonata nell’attuale cornice prima del 1715, sicuramente prima del 1719, anno dell’ultimo pagamento dei lavori eseguiti da Foggini e dai suoi allievi per i Riccardi. La ‘lastrina’ di marmo misura attualmente cm 43,5×58, mentre – come ha ricostruito Gabriele Morolli – le misure presumibilmente originarie dell’opera, di cui oggi non si vede il termine a destra, potevano raggiungere una larghezza di 67-68 cm; l’altezza doveva essere di poco superiore a quella attuale. Una misura ”non fiorentina”, ha chiarito Morolli, usata da Michelangelo in quanto diviso nella sua biografia artistica tra Firenze e Roma, e tendente alle proporzioni del rapporto 2:3 di quinta musicale. Il rilievo rinascimentale è stato denominato ‘Venere e Amore’ nell’ambito di una ricerca che ha permesso di individuare chiari parallelismi e convergenze con i caratteri di molte opere di Michelangelo, a partire dal contrasto tra il levigato, il ruvido e il ”non finito”.
La formella Riccardi potrebbe anche essere una traduzione scultorea della ‘Venere e Cupido’ disegnata da Michelangelo e colorata da Pontormo, ideata dal Buonarroti tra il 1532 e il 1533 per la camera di Bartolomeo Bettini e rielaborata negli anni in almeno sedici dipinti identificati e in altri sedici documentati, oltre a disegni e cartoni, da artisti come Agnolo Tori detto il Bronzino e Giorgio Vasari. Ma per Morolli e Vezzosi è più probabile che sia invece un antecedente databile verso il 1504 e in relazione con il Tondo Pitti (Firenze, Bargello) e il Tondo Taddei (Londra, Royal Academy). Senza escludere tuttavia l’ipotesi suggestiva del periodo mediceo nel Giardino di San Marco, o ”degli esperimenti antiquari” per Pierfrancesco de’ Medici (nell’ultimo decennio del ’400). Interessante per l’analisi di questa Venere Medici-Riccardi, il confronto con disegni come la figura distesa nella Studio per un Baccanale di Bayonne (attribuito a Michelangelo da Tolnay e Buck) e il frammento che si conserva a Colonia nel Wallraf-Richartz-Museum. Entrambi potrebbero essere in relazione con una precedente idea compositiva di Michelangelo, o con varianti di cui si ha un’eco nel disegno dello stesso Pontormo che trasforma il bacio incestuoso nell’abbraccio di una Madonna che allatta.
Questa Venere Medici-Riccardi presenta sì la potenza dell’Amore, ma un nudo femminile meno eroico e più aggraziato, meno virile di quello di Michelangelo-Pontormo che l’Aretino lodava per aver fatto Michelangelo ”nel corpo di femmina i muscoli di maschio”, ha ricordato Vezzosi, direttore del Museo Ideale di Leonardo a Vinci. La posizione di questa Venere presenta affinità compositive persino con l’Adamo nella volta della Cappella Sistina, con l’Aurora e la Notte nelle Cappelle Medicee, con il dipinto perduto (e il cartone) di Leda e il cigno, con Venere e Amore di Pontormo-Michelangelo (Firenze, Galleria dell’Accademia), e continuano con il Sogno della vita umana (Londra, Courtauld Institute) e con il disegno di Sansone e Dalila (Oxford, Ashmolean Museum), fino al San Paolo dell’affresco vaticano. Risalta nel rilievo un senso astraente e dinamico nei volumi, sensibile in luce e in ombra, nell’invenzione e reinvenzione della posizione resa celebre verso il 1517-1520 dall’incisione di Marcantonio Raimondi da Raffaello; ma certo Michelangelo – ha affermato Vezzosi – non aveva bisogno di Raimondi per una simile soluzione iconografica di così ”elegante vivacità d’artifizio”.
Un nuovo riconoscimento di autografia riferita a Michelangelo è di estrema complessità. Ulteriori indagini e studi proseguiranno, insieme a nuovi confronti critici, per approfondire l’attribuzione del rilievo Medici-Riccardi al Buonarroti, ma già quanto evidenziato ha di per sé grande fascino e credibilità. ”Anche se non fosse opera di Michelangelo ma di un suo seguace – hanno commentato Morolli e Vezzosi – crediamo che l’individuazione di questo rilievo Medici-Riccardi raffigurante Venere e Amore rappresenti la sorprendente riscoperta di un raffinato, piccolo capolavoro”.