Egitto, caos dopo le elezioni: sciolto il Parlamento i Fratelli Musulmani gridano al golpe
“E’ un golpe“. Così attivisti egiziani, esponenti politici e militanti dei Fratelli Musulmani hanno accolto le sentenze con cui la Corte Costituzionale ha stabilito che per le elezioni politiche in Egitto è tutto da rifare e ha ‘salvato’ Ahmed Shafiq, esponente dell’ex regime di Hosni Mubarak, dal rischio di essere escluso dal ballottaggio di sabato e domenica.
Le due sentenze sono arrivate nel pomeriggio, facendo ripiombare il paese nel caos. La prima stabilisce che è illegittima l’elezione di un terzo dei membri del Parlamento – dominato dai Fratelli Musulmani – in quanto i partiti hanno invaso anche i seggi destinati agli indipendenti. Poco dopo l’annuncio che la decisione invalida tutto il voto e che è quindi necessario sciogliere l’intera Assemblea del Popolo. “Abbiamo ripreso il controllo del potere legislativo”, ha annunciato poco dopo il Supremo Consiglio delle forze armate, al potere dalla caduta di Mubarak, convocando una riunione d’emergenza per valutare l’impatto delle sentenze.
La seconda sentenza ha scaldato gli animi anche più della prima. Per la Corte Costituzionale è illegittimo il provvedimento che esclude dalla vita politica gli esponenti dell’ex regime, primo tra tutti Shafiq, l’ultimo premier di Mubarak, che nel ballottaggio del fine settimana sfiderà Mohammed Mursi, il candidato dei Fratelli Musulmani.
“E’ una giornata storica – ha commentato Shafiq nella conferenza stampa di chiusura della sua campagna elettorale – perché è storica la sentenza della Corte Costituzionale“, che chiude l’era della “resa dei conti”. “Per la Corte ho il diritto di partecipare alle elezioni – ha detto trionfante di fronte a un’affollata platea -. Ora bisogna ritornare all’epoca dell’applicazione delle leggi”. Ma Shafiq è stato uno dei pochi a festeggiare. Scontri si sono verificati davanti alla Corte Costituzionale immediatamente dopo l’annuncio delle sentenze. Tutti gli ingressi del palazzo della Corte sono stati serrati. In serata, centinaia di manifestanti si sono riversati in Piazza Tahrir per protestare contro le sentenze. Le gente è arrivata in piazza alla rinfusa, senza che ci fosse una convocazione da parte dei gruppi di attivisti, mandando in tilt l’intera zona, tra ingorghi e lunghe file di auto. La folla ha lanciato soprattutto slogan contro la sentenza su Shafiq, chiedendo che sia estromesso dalla corsa alla poltrona da presidente, in quanto esponente dell’ex regime. Visti i numerosi slogan religiosi, i manifestanti, probabilmente, erano in gran parte sostenitori di Mursi. Ingenti manifestazioni e possibili disordini sono attesi per domani, quando, come ogni venerdì, si manifesterà in gran numero dopo la preghiera islamica.
La sentenza della Corte “costituisce un colpo di Stato totale che cancella il più nobile periodo della nostra storia”, ha commentato Mohammed Baltagui, dirigente dei Fratelli Musulmani. “Non capiamo la tempistica di queste sentenze della Corte Costituzionale”, ha detto il portavoce dei Fratelli Musulmani, Mahmoud Ghazalan. Le sentenze, come “tutto in Egitto”, per l’esponente islamico sono politicamente orientate. “E’ noto che in Egitto è tutto politicizzato – ha detto – non capisco come sia possibile che noi abbiamo avviato una causa davanti alla Corte Costituzionale nel 1995 per la quale siamo ancora in attesa di una sentenza, mentre oggi sono state emesse due sentenze per questioni presentate meno di due mesi fa. Assistiamo a una tempistica quanto meno inusuale”. Si fa attendere, per ora, il commento di Mursi, che ha rinviato il discorso conclusivo della campagna elettorale. I Fratelli Musulmani non sono stati i soli a contestare la sentenza. “E’ un assoluto golpe“, ha detto l’ex candidato islamico moderato indipendente alle presidenziali, Abdel Moneim Aboul Fotouh. “Mantenere il candidato dei militari, rovesciare il parlamento eletto e consentire alla polizia militare di arrestare i civili è un assoluto golpe”, ha scritto Fotouh sul Twitter, definendo “un illuso” chi crede che i giovani faranno passare questa linea.
“Eleggere un nuovo presidente senza una costituzione e senza un parlamento vuol dire consegnargli un potere enorme, che neanche la più buia delle dittature ha mai conosciuto”, ha commentato invece Mohamed ElBaradei, ex presidente dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea) e punto di riferimento di una parte dell’opposizione egiziana. Su Twitter, ElBaradei ha rivolto un appello alla giunta militare, chiedendole di “rinviare le presidenziali” per il tempo necessario a capire le “ripercussioni” delle sentenze. ElBaradei ha poi proposto due soluzioni alla crisi prodotta dalle sentenze, nessuna delle quali prevede che il ballottaggio delle presidenziali si svolga come previsto. La prima ipotesi consiste nella nomina di un “presidente ad interim” e di un “governo di salvezza nazionale”. Il loro compito sarebbe quello di nominare “una commissione con un ampio consenso incaricata di scrivere la nuova costituzione”. Solo a quel punto si potrebbero indire “elezioni parlamentari e presidenziali”. Una seconda ipotesi, a suo giudizio, è “l’elezione di un consiglio presidenziale” responsabile delle nomina di un governo ad interim e di una “commissione costituente”, in vista delle elezioni. Ma queste ipotesi non piacciono al Consiglio militare, che in serata ha annunciato che il processo per l’elezione del presidente non si ferma e il secondo turno si terrà nel fine settimana, come previsto.
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