Aborto, la Consulta difende la legge 194: Respinto il ricorso di Spoleto
Salva la legge italiana sull’aborto. Lo ha deciso la Corte Costituzionale che oggi in Camera di Consiglio ha esaminato il ricorso presentato dal Giudice tutelare del Tribunale di Spoleto in merito al caso di una sedicenne, F.N., che aveva chiesto di sottoporsi a interruzione volontaria della gravidanza senza il coinvolgimento dei genitori. La questione di legittimita’ costituzionale e’ stata dichiarata “manifestamente inammissibile” dalla Consulta.
Il quesito e’ stato sollevato in particolare relativamente all’articolo 4 delle legge 194 del 1978 sull’aborto, ‘cuore’ della normativa che recita: “Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternita’ comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge a un consultorio pubblico, o a una struttura sociosanitaria a cio’ abilitata dalla Regione, o a un medico di sua fiducia” per procedere con l’aborto.
Secondo il giudice che si e’ rivolto alla Consulta ci sarebbe potuta essere “incompatibilita’” con gli articoli 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e 32 (tutela della salute) della Costituzione italiana e con “la definizione e la tutela dell’embrione umano enunciate dalla Corte di giustizia europea in sede di interpretazione del divieto di brevettabilita’ delle utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e commerciali”.
La Corte Ue aveva infatti definito un embrione umano “qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e svilupparsi”, e dunque, soggetto da “tutelarsi in maniera assoluta”.
Per il giudice umbro, se dunque l’embrione umano “deve ritenersi correttamente qualificabile come ‘uomo’, seppur ‘in fieri’, per il diritto vivente europeo – si legge nell’ordinanza di rinvio della questione alla Consulta – necessaria conseguenza logico-giuridica e’ il ritenere costituzionalmente illegittima qualsivoglia norma di legge che, prevedendo la facolta’ di addivenire alla volontaria distruzione dell’embrione umano, leda irreparabilmente quel diritto alla vita che e’ il primo fra i diritti inviolabili dell’uomo”. Ipotesi che la Consulta ha deciso di non ammettere.
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