Safiah e Sahima, il sogno di diventare pilota per servire il proprio paese: l’Afghanistan
Divisa militare, velo nero, un filo di trucco, 20 anni e un grande sogno, che illumina i loro occhi color della pece: “diventare pilota per servire l’Afghanistan“. Un Paese che, avviato nel cammino della transizione, “quando sarà sicuro, anche ‘nel cielo’ potrà finalmente essere stabile e pacificato”. Il sogno porta il nome di Safiah e Shaima e ‘parla’ anche italiano.
Loro sono arrivate dalle campagne vicino Kabul nella base di Shindand, primo e unico polo addestrativo dell’aeronautica militare nella storia afghana, dove operano anche i nostri militari dell’Aeronautica, impegnati nel training e nell’advising (istruendo gli istruttori) del personale afghano. Obiettivo: far sì che il paese abbia entro il 2016 una forza aerea nazionale autonoma.
Safiah e Shaima sono due delle tre donne pilota ‘in formazione’, ben consapevoli, nei loro 20 anni, di aver compiuto una scelta impegnativa in un paese dove la donna, troppo spesso è ancora considerata schiava o al massimo una ‘merce’ di proprietà dell’uomo o della famiglia. Le ragazze non hanno paura di parlare e accettano di raccontare “con orgoglio questa esperienza”, nonostante la loro compagna – più avanti nell’addestramento e già con un brevetto in tasca – abbia ricevuto minacce di morte dopo un’intervista. “Le nostre famiglie – dicono Safiah e Shaima – sono d’accordo e fanno il tifo per noi”, “poco importa se il matrimonio tarderà di qualche anno”, raccontano “ora al primo posto c’è lo studio, il brevetto e poi un lavoro importante come questo”.
Nella base aerea di Shindand sono circa 900, al momento, gli afghani che vengono istruiti e addestrati dalle forze della coalizione nelle diverse mansioni, con l’obiettivo di raggiungere, a regime, i 1400 uomini. In particolare, il team italiano, composto da 28 tra ufficiali e sottufficiali, lavora quotidianamente per formare non solo i futuri piloti, con lezioni teoriche e voli addestrativi (74 gli allievi che hanno gia’ conseguito il brevetto) ma anche il personale di volo e supporto alle operazioni, con corsi che vanno dalla gestione del personale, all’amministrazione finanziaria, ai trasporti, gestione dei materiali, fino all’antincendio, al soccorso sanitario o al genio civile.
“Questi giovani sono davvero molto motivati – spiega il Colonnello Efrem Moioli, a capo del team di advisor italiani – hanno una grandissima voglia di imparare e un’ottima capacità di apprendimento. Credono in ciò che fanno e sicuramente saranno una buona classe di militari per una nazione moderna. La nostra missione – aggiunge – oltre ai risultati operativi rappresenta sicuramente un affascinante incontro di culture diverse, di confronto e scambio. Questo popolo – conclude – è molto fiero, orgoglioso e impegnato davvero nella costruzione di un nuovo Afghanistan“.
Tutti qui – dall’ultimo allievo agli istruttori, fino ai comandanti – si dicono convinti che il Paese ce la possa fare a camminare sulle proprie gambe, anche se alla comunità internazionale tutti continuano a chiedere tempo, e soprattutto mezzi.
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