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La famiglia più longeva? E’ sarda. Dall’Ogliastra arriva la ricetta di lunga vita

E’ una famiglia sarda la più longeva al mondo. Un record sancito dal Guinness dei primati, che, dopo tutti gli accertamenti del caso, ha attribuito la certificazione ai Melis, originari di Perdasdefogu, in Ogliastra: nove fratelli, sei femmine e tre maschi, la sorella più anziana ha 105 anni e la più giovane 78, per un totale di 818 anni e 205 giorni al primo giugno 2012.
E’, d’altra parte, che l’Ogliastra sia uno dei posti in cui si vive più a lungo al mondo, lo certifica anche la scienza. All’Università di Sassari, i medici Gianni Pes e Francesco Tolu della Scuola di Specializzazione in Scienza dell’Alimentazione, hanno effettuato uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica ”Nutrition Metabolism and Cardiovascular Diseases”, nel quale vengono analizzati dati storici riguardanti le abitudini alimentari, l’attività fisica, l’occupazione e le variabili territoriali in rapporto alle differenze di longevità riscontrate nell’isola. Le aree dell’isola dove il fenomeno è più accentuato sono conosciute con il nome di ‘Zona Blu‘, termine che origina dal colore inizialmente utilizzato per tracciare le prime mappe geografiche della longevità.
Il Comune di Villagrande Strisaili, in provincia Ogliastra, detiene un primato mondiale. In questo piccolo centro della Sardegna orientale le probabilità di un uomo di raggiungere la soglia dei cento anni sono più elevate che in qualsiasi angolo del pianeta e le aspettative di vita maschili e femminili sostanzialmente si equivalgono. Sulle ragioni che concorrono a questo invidiabile record hanno indagato i due studiosi dell’Università di Sassari.
Per la loro ricerca i due medici sassaresi si sono serviti di documenti storici, alcuni dei quali mai utilizzati e risalenti agli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, che hanno consentito di ricostruire le abitudini di vita e nutrizionali della popolazione sarda. Pes e Tolu hanno poi raccolto i dati demografici dei 377 comuni dell’isola, da cui sono emersi differenti livelli di longevità a seconda dell’area, riconducibili, come la letteratura ha ampiamente chiarito, in minima parte a fenomeni genetici (25%) e per lo più a fattori ambientali, stili di vita e abitudini alimentari (75%).
Per meglio definire e quantificare la longevità Pes e Tolu hanno adottato l’Eli, Estreme Longevity Index, un indice che misura la probabilità di un neonato di arrivare a cento anni d’età, metodo ritenuto più accurato rispetto al “vecchio” criterio della prevalenza utilizzato finora dalla comunità scientifica, che fornisce il numero di anziani (prescindendo dal luogo di nascita) in una porzione geografica stabilita. I due studiosi ritengono che per capire le cause del fenomeno della longevità sarda ”non si possa prescindere dalla storia della popolazione stessa nel corso dell’ultimo secolo, periodo caratterizzato da profondi cambiamenti sociali, culturali e comportamentali”. In particolare i due ricercatori hanno ricostruito le abitudini alimentari e lo stile di vita della popolazione sarda sulla base di dati storici disponibili a livello comunale, provinciale e regionale.
Dopo aver passato al setaccio questa grande mole di dati, Pes e Tolu sono giunti alla conclusione che il fenomeno della longevità ”sia da porre in relazione ai cambiamenti intervenuti nella società sarda durante il cosiddetto periodo di ‘transizione alimentare”’. Tolu e Pes spiegano che ”esso consiste nel passaggio da una alimentazione povera e basata su cibi autoprodotti ad una caratterizzata da un maggior consumo di cibi ipercalorici e scarsamente nutritivi”.
Tra i dati nutrizionali analizzati si è visto che nella Zona Blu vi era un consumo medio di carne lievemente superiore al resto dell’isola (in genere non superiore a 3-5 pasti di carne al mese), e una debole correlazione con il consumo di derivati del latte, noci e alimenti a base di orzo. I due studiosi hanno concentrato la loro attenzione anche su altri fattori, oltre l’alimentazione, ovvero ”la tipologia di attività lavorativa, la distanza percorsa per raggiungere il posto di lavoro e la pendenza del territorio del comune di appartenenza, e dalla correlazione di questi elementi sono emersi alcuni dati molto interessanti: i quattro centri della Sardegna che vantano una maggiore longevità maschile, tra cui Villagrande Strisaili, sono quelli in cui il tragitto per recarsi al lavoro è più lungo e con una pendenza territoriale maggiore”.
Tra le variabili ambientali sono risultate importanti per la longevità, l’attività fisica nel lavoro quotidiano, la pendenza del territorio comunale, la distanza media percorsa quotidianamente per recarsi a piedi nel luogo di lavoro. ”Questi sono tutti fattori che un tempo comportavano un notevole dispendio energetico – spiegano i ricercatori -, ossia un aumento delle calorie ‘bruciate’ durante l’attività fisica quotidiana. Colpisce il fatto che i quattro comuni a maggiore longevità si trovino tutti in provincia Ogliastra: Villagrande, Arzana, Uruzlei e Baunei sono quelli dove è maggiore l’attività pastorale, la pendenza del terreno e la distanza media giornaliera dal luogo di lavoro”.
”E’ un fatto – spiegano Tolu e Pes – che in questi centri la pastorizia, soprattutto negli anni addietro, fosse l’attività più diffusa e che percorrere ogni giorno i pendii abbia costituito un ottimo esercizio fisico”. Tolu e Pes hanno posto in evidenza poi come in Sardegna la “transizione alimentare, ovvero il passaggio cioè dalla fase in cui la popolazione si nutriva con cibi autoprodotti a quella in cui si serviva di prodotti confezionati industriali, sia arrivata negli anni Cinquanta, cioè circa dieci anni dopo rispetto al resto d’Italia”.
In particolare, alcune abitudini, come quella di preparare in casa il “pane a lievitazione naturale” (che tiene basso il livello di insulina e di glicemia) si è tramandata a lungo proprio nelle aree più interne dell’isola, tra cui l’Ogliastra, una delle Blue Zone sarde, espressione coniata dai due ricercatori sassaresi per indicare quei territori dove le popolazioni vivono più a lungo e che la letteratura scientifica ha ripreso.
L’indagine ha rovesciato, infine, una tesi molto diffusa anche in ambito scientifico, evidenziando una debole correlazione negativa con il consumo di vino: dunque si vive più a lungo nei posti in cui si beve meno alcool.
In conclusione, ”questa ricerca – spiegano Tolu e Pes – suggerisce che il fenomeno longevità sia il risultato di una combinazione di fattori particolarmente favorevole che si è verificata in un preciso momento storico e non è necessariamente destinata a perdurare. Occorrerà fare tesoro degli insegnamenti della Zona Blu affinché anche le nuove generazioni possano mantenere negli anni a venire questi record di sopravvivenza”.