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Napolitano: Situazione delle carceri incivile, possibile un atto di clemenza

La realtà carceraria italiana “non fa onore al nostro Paese e ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee”. Lo afferma il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il capo dello Stato che pur riconoscendo al governo il merito di aver compiuto in questi mesi “uno sforzo intenso nel rapporto con le forze politiche che lo sostengono, per intervenire con molteplici proposte e interventi”, sollecita il Parlamento ad accelerare per creare condizioni “più civili” nelle carceri italiane. Nel corso dell’incontro di oggi al Quirinale con i firmatari della lettera aperta sulla condizione carceraria nel nostro Paese, il Capo dello Stato ha rinnovato “l’allarme e l’appello”, rivolto al Parlamento nel luglio scorso, in occasione di un importante convegno al Senato.
Da allora, “sono state così affrontate, conseguendosi già dei risultati, scottanti esigenze di riduzione della popolazione carceraria e di creazione di condizioni più civili per quanti scontano sanzioni detentive senza potersi riconoscere nella funzione rieducativa che la Costituzione assegna all’espiazione di condanne penali”.
Per Napolitano è possibile “uno speciale ricorso a misure di clemenza” per alleggerire la situazione “critica” delle carceri italiane. Ma occorre che il Parlamento “rifletta” sull’attuale formulazione dell’articolo 79 della Costituzione “che a ciò oppone così rilevanti ostacoli”.
La riflessione che il Capo dello Stato chiede alle assemblee parlamentari riguarda il meccanismo che oggi la Carta costituzionale impone per le misure di clemenza, l’amnistia e l’indulto, che sono concessi ‘con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale’. Un ingranaggio, evidentemente troppo macchinoso e che prevede un quorum impegnativo. “Ho rinnovato -afferma il Capo dello Stato- l’auspicio che proposte volte a incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione dello stato delle carceri in Italia trovino sollecita approvazione in Parlamento. A cominciare da quelle, già in avanzato stadio di esame, per l’introduzione di pene alternative alla prigione”.
Immediata la reazione del Guardasigilli Paola Severino:”Condivido pienamente le meditate parole del Presidente della Repubblica e apprezzo molto il suo invito per un rapido esame del provvedimento sulle misure alternative attualmente pendente presso la Commissione Giustizia della Camera”.
”Ho più volte sollecitato io stessa – aggiunge il ministro della Giustizia – l’accelerazione dell’itinerario parlamentare, credendo profondamente che le misure alternative possano essere una soluzione strutturale al problema del sovraffollamento carcerario e della rieducazione del condannato”. ”Trovo infine estremamente realistico – conclude il ministro Severino – il richiamo del Presidente Napolitano alle procedure imposte dall’art. 79 della Costituzione per l’adozione di misure di clemenza cui il Parlamento può decidere di far ricorso, ove sussistano i presupposti di un’intesa politica di larga maggioranza”.
Per Giovanni Tamburino, capo dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il carcere deve essere solo una medicina per i casi estremi. ”Amnistia e indulto – dice all’Adnkronos – riguardano il Parlamento e sono scelte politiche. Senza dubbio, però, quelle del Presidente Napolitano sono affermazioni in cui mi riconosco completamente. Occorre pensare a rendere davvero il carcere extrema ratio”.
”Il Dipartimento e il ministero della Giustizia -aggiunge il capo del Dap- hanno ottenuto importanti risultati in tema di edilizia carceraria, ma rimane vero che nel carcere vi sono ancora aree in condizioni inaccettabili. La soluzione non può essere solo quella edilizia”. ”Si faccia ricorso al carcere -rimarca Tamburino- quando davvero altre sanzioni non sono efficaci e percorribili”.
Per il Capo del Dap occorre però fare un passo in più: ”Bisogna fare entrare nella coscienza generale che vi sono pene diverse, che possono essere efficaci, tali da dare sicurezza alla società, meno distruttive del carcere e anche meno costose. Si può pensare a un ventaglio di sanzioni che utilizzi il carcere come una medicina per i casi estremi. Tra le diverse misure, forme di interdizioni o limitazioni della libertà diverse dalla reclusione, come pene pecuniarie, attività riparative gratuite e altri interventi”.
”Un ampliamento di benefici che già esistono nell’ordinamento -fa notare ancora il Capo del Dap- potrebbe essere necessario, in una fase temporanea, per far fronte a una condizione carceraria che ha dei profili di contrasto con la legalità, in modo particolare con l’articolo 27 della Costituzione e con la Convezione europea dei diritti dell’uomo. Anche se vi è chi non è favorevole a misure di clemenza -conclude Tamburino- bisogna riflettere sulla necessità di realizzarle, vista la condizione di legalità compromessa”.