Caso Sallusti, per la Cassazione è recidivo. Confermata la condanna a 14 mesi per il direttore
E’ legittimo il carcere per il direttore de ‘Il Giornale’ Alessandro Sallusti, condannato definitivamente a 14 mesi di reclusione per la diffamazione di un magistrato, nel 2007 quando era alla guida di ‘Libero’. Lo mette nero su bianco la quinta sezione penale della Cassazione nelle 26 pagine di motivazione contenute nella sentenza 41249 a cui spiega il perche’ e’ stato bocciato il ricorso di Sallusti lo scorso 26 settembre.
In particolare, gli ermellini, citando la Corte europea, ricordano che il carcere per la diffamazione rientra tra le “ipotesi eccezionali” tuttavia legittime nei casi di “condotte lesive di diritti fondamentali”. Nello specifico, la suprema Corte mette in evidenza “la spiccata capacità a delinquere, dimostrata dai precedenti penali dell’imputato” e “la gravita’ del fatto delineata dalle modalita’ di commissione di fatti caratterizzati da particolare negativita’”.
La suprema Corte nelle motivazioni spiega come la detenzione sia legittima perché Sallusti è recidivo: il direttore de ‘Il Giornale‘ spiega infatti la suprema Corte, ha già a suo carico “sette pregresse condanne per diffamazione di cui sei in relazione all’ipotesi prevista dall’art. 57 c.p.”. Alla luce di queste considerazioni, la Cassazione spiega che “non può ammettersi l’esistenza di una lecita attivita’ lavorativa che abbia, come inevitabili prodotti naturali, fatti lesivi di diritti fondamentali dei cittadini”.
Quanto alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, la Cassazione fa notare che la difesa “sul piano sostanziale non indica alcun elemento che consenta una prognosi positiva, sui futuri comportamenti di un giornalista che, in un limitato arco di tempo (dal 2 settembre 2001 al 30 maggio 2003) ha sei volte manifestato una reiterata indifferenza colposa nei confronti del diritto fondamentale della reputazione e una volta (il 12 ottobre 2002) ha leso direttamente tale bene”.
Insomma, sottolinea piazza Cavour, “la storia e la razionale valutazione di questa vicenda hanno configurato i fatti e la personalita’ del loro autore, in maniera incontrovertibile, come un’ipotesi eccezionale, legittimante l’inflizione della pena detentiva”.
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