Usa, la prima conferenza stampa di Obama dopo l’elezione: Più tasse ai ricchi. Su Petraeus: Aspetto inchiesta Fbi
“La nostra economia si sta ancora riprendendo da una crisi molto profonda e molto pericolosa”, ma il fiscal cliff può essere risolto. E’ un Obama fiducioso quello che si è presentato davanti ai giornalisti nella sua prima conferenza stampa dopo la rielezione del sei novembre scorso.
Riferendosi alla necessità di trovare un compromesso entro la fine dell’anno per evitare l’aumento di tasse “per tutti” e il taglio della spesa pubblica, il leader Usa ha infatti ricordato che ora “abbiamo di fronte a noi una scadenza molto precisa che richiede decisione molto chiare”. Obama si è quindi detto “aperto” al compromesso e “a nuove idee” e fiducioso che “i due partiti, che hanno votato per questa scadenza possano lavorare insieme”.
Tuttavia nei negoziati sul bilancio e la riduzione del debito la linea che non intende oltrepassare è quella di continuare a permettere “ai più ricchi di non pagare quanto necessario e che il peso ricada tutto sulle spalle del ceto medio”. Il presidente americano ha ribadito più volte che non permetterà che vengano rinnovati i tagli fiscali ai ceti più ricchi voluti da George Bush. Ed ha lanciato un chiaro messaggio ai repubblicani: “non possiamo tenere in ostaggio il ceto medio”, affermando che in realtà un accordo per il rinnovo dei tagli fiscali per i redditi bassi e medi si puo’ “fare in poche settimane” ed evitare così “lo shock per l’economia americana che sarebbe il fiscal cliff”.
Obama ha inoltre ricordato di aver ricevuto con la vittoria elettorale un chiaro mandato dagli americani: “la maggioranza degli elettori ha votato per il mio piano per ridurre il debito” con un approccio bilanciato che prevede anche un aumento delle entrate fiscali. Il presidente ha poi più volte ribadito la sua disponibilità a rivedere il codice tributario per togliere alcuni sgravi.
Nel corso della conferenza stampa inevitabili sono poi state le domande sul caso Petraeus, l’ex direttore generale della Cia che ha dato le dimissioni dopo aver ammesso la relazione extraconiugale con la sua biografa Paula Broadwell. “Non vi sono prove a questo momento, da quello che ho visto, che siano state diffuse informazioni riservate che potrebbero avere un impatto negativo sulla nostra sicurezza nazionale”, ha assicurato il presidente americano che ha parlato con stima del generale. “Ha reso uno straordinario servizio al suo Paese” e grazie al suo lavoro “siamo più sicuri”, ha detto spiegando che intende aspettare la fine dell’inchiesta dell’Fbi prima di dare un giudizio definitivo sul caso. “Mi riservo un giudizio su come l’intero caso attorno al generale Petraeus è emerso. Non abbiamo ancora tutte le informazioni. Ma voglio dire che generalmente ho molta fiducia nell’Fbi. Fanno un lavoro difficile. Per questo voglio aspettare e vedere”.
Incalzato sul perché l’amministrazione abbia saputo così tardi dell’inchiesta, Obama ha detto ai giornalisti che forse, se ce l’avessero detto prima “ora sareste qui a chiederci perché stiamo interferendo in un’indagine penale”. “E’ previsto che non ci siano intromissioni nelle indagini penali e questo è stato il nostro modo di procedere… Questo è come abbiamo sempre visto le cose, anche perché le persone sono innocenti fino a quando non è provata la loro colpevolezza”, ha precisato.
Quindi ha commentato le dichiarazioni dell’ex candidato presidenziale John McCain che ha definito l’ambasciatore all’Onu, Susan Rice “non qualificata per diventare segretario di Stato”: “Se John McCain o gli altri vogliono attaccare qualcuno per Bengasi, attacchino me, non attacchino un ambasciatore, è vergognoso”, ha affermato con un tono fortemente risentito senza comunque confermare se intende nominare la Rice segretario di Stato in quanto si sta ancora “si sta discutendo” quale assetto dare alla sua nuova amministrazione.
Di fronte alle notizie stampa che danno certa la nomina della Rice, McCain ed altri repubblicani hanno detto che faranno di tutto al Senato per impedire la ratifica della sua nomina. “La Rice ha fatto un lavoro esemplare rappresentando gli Stati Uniti in modo professionale, esperto e sapiente all’Onu” ha detto il presidente difendendo la diplomatica, ricordando che le dichiarazioni che le vengono contestate le ha fatte “sulla base delle notizie di intelligence che le erano state fornite della Casa Bianca”.
Quindi, come aveva fatto già durante la campagna elettorale, Obama ha ribadito di essere il primo responsabile del modo in cui e’ stata gestita la vicenda Bengasi, e di non avere nulla da rimproversarsi. Ed ha aggiunto che i repubblicani non devono attaccare la Rice “perche’ pensano che possa essere un obiettivo facile”.
Social