Trattativa Stato-mafia, accettato il ricorso di Napolitano: le intercettazioni devono essere distrutte
Non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, captate nell’ambito del procedimento sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. E’ quanto ha deciso la Corte costituzionale accogliendo il ricorso per conflitto proposto dal Presidente della Repubblica.
Anzi per la Consulta ”neppure spettava di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271, 3° comma, c.p.p. e con modalita’ idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti”.
Da ambienti del Quirinale si apprende che Napolitano ha atteso serenamente e accolto con rispetto la sentenza della Corte Costituzionale e ora attende di conoscere il dispositivo.
Poche parole dal procuratore di Palermo, Francesco Messineo. “Le sentenze non si commentano mai, neppure quelle della Corte costituzionale. In ogni caso dovremo leggere le motivazioni”. Mentre il pm Antonino Di Matteo dice che andrà avanti nel suo lavoro ”con la coscienza tranquilla ritenendo di avere sempre agito correttamente e di avere rispettato sempre la legge e la Costituzione”.
Per il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Rodolfo Sabelli ”la Corte Costituzionale ha fatto chiarezza su una situazione non regolata da norme specifiche del codice di procedura penale e che si prestava a diverse interpretazioni. Comunque attendiamo le motivazioni”.
Resta intanto a Palermo il procedimento per la cosiddetta trattativa Stato-mafia, anche quello per l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Lo ha deciso il giudice per le udienze preliminari Piergiorgio Morosini che ha così rigettato la richiesta dei legali di Mancino di trasferire il procedimento al tribunale dei ministri.
Resta a Palermo anche il procedimento a carico dell’ex ministro Calogero Mannino, che aveva chiesto il trasferimento in altra sede per incompetenza territoriale.
Secondo il gup, “il giudice competente” per il procedimento per la cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia per fermare le stragi mafiose dopo il ’92 “va identificato nel giudice di Palermo, in considerazione del fatto che il ‘primo anello della catena’ delle minacce, esplicitamente secondo l’accusa, si sarebbe perpetrato attraverso la commissione dell’omicidio di danni di Salvo Lima, a Palermo il 12 marzo 1992″.
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