Emergenza carceri, il ddl torna in commissione. Severino rammaricata: Non posso niente contro le scelte politiche
Torna in commissione il ddl sulle carceri. “Il cuore mi porterebbe a proseguire i lavori, ma devo tenere conto della situazione dell’aula” e assumere “la decisione sofferta sul piano morale e personale di rinviare in commissione” il testo sulle misure alternative al carcere. E’ la decisione presa oggi dal presidente del Senato Renato Schifani, al termine di un dibattito a Palazzo Madama per “assicurare la possibilità all’aula di dedicarsi all’approvazione di provvedimenti fortemente condivisi”, a cominciare dalla riforma forense e, quando trasmesso dalla Camera, dal decreto sulle misure urgenti in materia elettorale.
Poco dopo l’annuncio del rinvio in commissione, ci sono stati momenti di tensione in aula: la Lega ha alzato cartelli con la scritta ‘A casa Monti, non i delinquenti’. Il presidente del Senato ha richiamato all’ordine i senatori del Carroccio e poco dopo i lavori sono ripresi regolarmente.
Amareggiata il ministro della Giustizia Paola Severino: “Ho sperato fino all’ultimo che questo Parlamento potesse avere oggi una giornata bella e importante”. Il Guardasigilli afferma di “non avere armi per contestare la scelta politica” del rinvio in commissione del ddl sulle misure alternative al carcere, ma contesta quanto di sbagliato è stato detto sul piano tecnico. “Non era -aggiunge- un’amnistia mascherata, come è stato detto: c’è un giudice che decide chi può andare alla detenzione domiciliare, chi può essere messo alla prova e chi no. Non è vero che era un provvedimento per i ‘colletti bianchi’: un colletto bianco per un reato con pena fino a quattro anni solitamente non va in carcere, se difeso bene. Questa era una legge per i poveri disgraziati”.
A chi ha parlato di rischio di detenzione domiciliare per chi è stato condannato a 15 anni, Severino da un lato la ritiene un’ipotesi “impossibile” ma “anche volendolo ammettere, mi chiedo quale giudice deciderebbe, di fronte a una condanna a 15, di dare i domiciliari o la messa alla prova. E’ ovvio che il filtro del giudice lo impedirebbe”. Un altro numero sbagliato è quello della platea dei beneficiari: per il ministro sarebbero di più dei 200 indicati dai critici, per attestarsi, invece, secondo le ultime stime del Dap, sui 2800 l’anno: sono i detenuti che ogni anno entrano in carcere per quella tipologia. “Non è vero, inoltre -prosegue Severino- che avrebbe inciso sui reati contro la pubblica amministrazione: corruzione e concussione sono ampiamente fuori da questo provvedimento”.
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